29 marzo 2024
Aggiornato 06:00
Ma i consumi restano al palo

Inflazione: in caduta libera i prezzi sui campi

CIA: «Sugli scaffali meno cari i prodotti alimentari»

ROMA - La caduta verticale dei prezzi sui campi (meno 16 per cento nello scorso mese di giugno) ha dato, ancora una volta, un concreto apporto al rallentamento della corsa dei listini sugli scaffali dei prodotti agroalimentari, che segnano, a luglio, una crescita contenuta (meno 0,4 per cento rispetto al mese precedente e più 1,4 per cento nei confronti dell’analogo mese del 2008). In questo modo la «forbice» dalla produzione agricola alla tavola, anche se in alcuni casi resta ancora accentuata, si è sensibilmente ridotta riguardo a quella dell’anno scorso. E’ quanto evidenzia la Cia-Confederazione italiana agricoltori in merito ai dati provvisori dell’Istat sull’inflazione che a luglio è stata pari a zero.

Cali generalizzati - La Cia sottolinea che i prezzi alla produzione agricola a giugno riscontrano, rispetto all’analogo mese dell’anno passato, marcate flessioni per i cereali (meno 33,3 per cento), per la frutta fresca (meno 21,7 per cento), per gli ortaggi (meno 10,6 per cento), per i vini (meno 23,6 per cento) e per l’olio d’oliva (meno 20,4 per cento).
Anche tra i prodotti zootecnici si registrano cali generalizzati. Il settore dei bovini mette a segno una flessione del 5,8 per cento, quello degli avicoli meno 1,1 per cento, mentre quello dei suini conferma la tendenza riflessiva con meno 4,9 per cento.

Lattiero caseari - Ancora più accentuato, invece, il calo delle quotazioni dei prodotti lattiero-caseari, che rispetto a giugno 2008, hanno avuto una diminuzione media del 14,7 per cento. In forte discesa, soprattutto, il prezzo del latte alla stalla, il cui livello è ormai inferiore a quello di venti anni fa.
La frenata dell’inflazione conferma, comunque, una congiuntura molto negativa che -avverte la Cia- fa sentire i suoi effetti anche su un settore come quello agricolo che pur, a differenza di altri, sta reagendo meglio alle difficoltà economiche. La situazione, tuttavia, resta grave, con consumi alimentari che ristagnano (più 0,3 per cento, in quantità, nel primo semestre e una previsione di più 0,2 per cento per l’intero 2009) e con una ripresa ancora lontana.

I numeri dell’Istat -sostiene la Cia- ci dicono, comunque, che oggi non è l’inflazione il pericolo maggiore, ma una accentuata debolezza economica che si rischia di trasformarsi in una drammatica recessione. Uno scenario preoccupante che occorre affrontare con rinnovate politiche economiche e di carattere sociale.