25 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Crisi USA

Il Pil Usa frena meno del previsto (-1%), ma strada ripresa lunga

Dato primo trimestre rivisto al ribasso con contrazione -6,4%

NEW YORK - La recessione più lunga dalla Seconda Guerra Mondiale si avvia verso la conclusione. Lo ha detto nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e lo conferma il dato preliminare sul prodotto interno lordo americano, calato nel secondo trimestre dell'1 per cento e a un passo più lento rispetto all'1,5 per cento previsto dagli analisti. Ma la strada è ancora lunga, soprattutto alla luce della drammatica revisione del dato del primo trimestre, che ha segnato una contrazione del 6,4 per cento, il ribasso più sostenuto in quasi trent'anni.

Se a questo si aggiunge che, per la prima volta da quando il dipartimento del Commercio ha cominciato a effettuare le rilevazioni nel 1947, il Pil si è attestato in calo per quattro trimestri consecutivi, è ancora più chiaro che ci vorrà ancora del tempo prima che si assista a una ripresa. Non stupisce dunque che Wall Street abbia reagito con moderati rialzi e con gli investitori orientati alla cautela: il Dow Jones guadagna lo 0,36 per cento, Nasdaq e S&P 500 entrambi meno dello 0,50 per cento.

Anche la Casa Bianca non si è lasciata andare all'entusiasmo, spiegando che anche se sono stati compiuti dei «progressi», il mercato del lavoro continua a essere in forte difficoltà e la prossima settimana potrebbero essere annunciati migliaia di nuovi licenziamenti. «La peggiore recessione dalla Grande Depressione si avvia alla conclusione», ha detto Sung Won Sohn, professore della California State University, sulla cui linea si inserisce anche Joel Naroff, direttore del Naroff Economic Advisors, secondo cui «la recessione ha toccato il fondo in primavera e si assisterà a un ritorno alla crescita nel corso dell'estate». Della stessa idea anche il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, secondo cui «nella seconda metà dell'anno si assisterà a una crescita dell'economia».

Tra gli elementi positivi del dato, tagli meno sostenuti delle spese da parte delle aziende, una crescita degli investimenti da parte del Governo e degli enti locali e un quadro sugli scambi commerciali sostanzialmente migliorato (in particolare si è arrestato il calo delle esportazioni). Tuttavia, le spese per consumi, il motore stesso dell'economia e circa il 70 per cento del Pil, sono calate a sorpresa nel secondo trimestre, mentre il costo del lavoro è fermo al palo, a causa dei massicci licenziamenti e di un tasso di disoccupazione che, arrivato al 9,5 per cento, il massimo in 26 anni, potrebbe superare presto il 10 per cento.

Un elemento che non manca di scatenare preoccupazione è il fatto che il prezzo pagato dagli Stati Uniti alla recessione, iniziata nel dicembre 2007, nel 2008 è stato superiore a quanto si era inizialmente pensato. La revisione del dato parla di una crescita dello 0,4 per cento, contro il rialzo dell'1,1 per cento inizialmente calcolato. La situazione dovrebbe comunque migliorare, anche secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, che ha confermato stime precedenti su una contrazione del Pil nel 2009 pari al 2,6 per cento.

Guardando alle singole componenti del dato, il rapporto del dipartimento del Commercio mostra che la liquidazione delle scorte aziendali ha penalizzato il Pil meno rispetto al trimestre precedente, incidendo per lo 0,83 per cento, contro il 2,36 per cento del periodo da gennaio a marzo. «Il fatto che le scorte siano ancora in calo nel secondo trimestre, lascia aperta la possibilità che nel terzo trimestre possano incidere in maniera più consistente», ha detto Chris Rupkey, economista di Bank of Tokyo-Mitsubishi. Le vendite reali finali, ovvero il Pil meno le variazioni nelle scorte private, è calato appena dello 0,2 per cento, decisamente meglio rispetto al crollo del 4,1 per cento del primo trimestre.

Le spese aziendali sono calate dell'8,9 per cento, dopo avere ceduto il 39,2 per cento nel primo trimestre (nello specifico, gli investimenti strutturali sono diminuiti dell'8,9 per cento, quelle per software ed apparecchiature del 9 per cento). Le spese per consumi sono invece diminuite dell'1,2 per cento nel periodo da aprile a giugno, dopo essere aumentate dello 0,6 per cento nel trimestre precedente: pesa appunto l'andamento del mercato del lavoro, che rende gli americani più cauti nel mettere mano al portafoglio.

Gli investimenti residenziali, che includono le spese per il settore immobiliare, sono calati del 29,3 per cento, dopo il ribasso del 38,2 per cento precedente, fatto che dimostra che il mercato del mattone continua a gravare sull'andamento dell'economia. Le spese del Governo federale sono aumentate del 10,9 per cento, dopo il calo del 4,3 per cento del primo trimestre.

Bene gli scambi commerciali, che hanno inciso positivamente sul Pil per 1,38 punti percentuali: le esportazioni sono calate del 7 per cento, mentre le importazioni sono diminuite dell'15,1 per cento. L'inflazione rimane sotto controllo: l'indice dei prezzi per spese per consumi personali è cresciuto dell'1,3 per cento dopo il ribasso dell'1,5 per cento del primo trimestre.

Escludendo generi alimentari ed energia il rialzo è stato del 2 per cento, dopo il +1,1 per cento del primo trimestre.