FIAT, Polverini: “Stop agli aiuti se chiude impianti nel Sud”
Intervista del segretario generale Polverini a Il Mattino
ROMA - «Ora servono risposte chiare sul futuro degli stabilimenti italiani della Fiat. Non è possibile che l’amministratore delegato, Sergio Marchionne, tratti solo con il governo di Berlino, ignorando l’invito ad aprire un confronto con il sindacato sul piano industriale del gruppo». Renata Polverini, leader dell’Ugl, è preoccupata e non lo nasconde affatto. Soprattutto per l’assenza di risposte chiare da parte del Lingotto sul destino degli impianti italiani. «Ora tocca al governo intervenire spingendo l’azienda a scoprire tutte le carte che ha in mano», sentenzia la sindacalista.
Che cosa temete di più?
«L’accordo con la Opel presenta molte incognite. Ci sono stabilimenti e modelli che si sovrappongono, con le inevitabili conseguenze sull’occupazione».
Cosa che, invece, non avviene nel caso dell’intesa con Chrysler?
«Certo. La situazione è completamente diversa. L’integrazione non presenta problemi dal punto di vista della produzione. Anzi, ci ha inorgoglito vedere Obama aprire le porte alla tecnologia della Fiat per salvare il gruppo americano. Ma ripeto, con la Opel, potremmo avere molti problemi. Soprattutto per gli stabilimenti del Sud».
Quali sono gli impianti più a rischio?
«Soprattutto Pomigliano e Termini Imerese. Stiamo da tempo sollecitando il governo affinché faccia chiarezza sul futuro di tutti gli stabilimenti del gruppo. La Fiat non può sfuggire al confronto».
Ma stiamo pur sempre parlando di un’azienda privata, che soffre come tante altre imprese il cattivo momento dell’economia.
«Questo è vero. Ma è anche vero che lo Stato ha dato molto alla Fiat. E non penso solo alla rottamazione. É venuto il momento di dire stop a qualsiasi tipo di sostegno futuro nel caso in cui il gruppo torinese non desse alcuna garanzia per gli stabilimenti italiani».
Non le sembra un ritorno di statalismo?
«Affatto. Non dobbiamo dimenticare che soprattutto nel Mezzogiorno la Fiat ha usufruito di un’enorme massa di finanziamenti pubblici per realizzare stabilimenti ex novo, come Melfi, o per ristrutturarli, come Pomigliano. Soldi dei contribuenti che sono finite nelle casse di un’impresa privata».
Si è trattato di uno scambio: soldi pubblici in cambio dello sviluppo di aree svantaggiate?
«Proprio così. Ma, per questo, il governo italiano ha il diritto di sapere quale sarà il destino degli impianti Fiat in Italia».
Per Mirafiori, stando alle ultime dichiarazioni di Marchionne, non dovrebbero esserci problemi?
«Lo stabilimento torinese non è mai stato veramente in pericolo. E il cuore del Lingotto, la città si identifica con il gruppo. Il problema riguarda, invece, quasi esclusivamente, gli impianti meridionali che, guarda caso, sono quelli sui quali si è concentrata la maggior parte degli aiuti pubblici. E’ su questi che il governo deve garantire risposte certe. Sapendo fin da ora che il sindacato non farà alcuno sconto: in assenza di assicurazioni da parte della Fiat saremo pronti a forme molto dure di protesta».
Di Antonio Troise
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