29 marzo 2024
Aggiornato 06:00
Consumi alimentari

Crisi e povertà, CIA: 6 famiglie su 10 cambiano le abitudini a tavola

La Cia mette in evidenza le difficoltà economiche che hanno costretto gli italiani a mutare menù

ROMA - La crisi e la minore disponibilità economica hanno cambiato i piatti in tavola per le famiglie italiane: il 60 per cento ha modificato il menù; il 35 per cento ha limitato gli acquisti; il 34 per cento ha optato per prodotti di qualità inferiore. I consumi hanno continuato a ristagnare, mentre nel Sud si ha una flessione superiore al 3 per cento Nonostante questa tendenza, la spesa alimentare mensile (482 euro), in termini monetari, è cresciuta nel 2008 del 2,5 per cento. E’ quanto afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori in relazione al rapporto dell’Istat sulla povertà in Italia.

Nel contesto dei «tagli» alimentari, si riscontra che il 40,2 per cento delle famiglie italiane ha ridotto gli acquisti di frutta e verdura, il 36 per cento quelli di pane e il 39,5 per cento quelli di carne bovina.
Nella ripartizione geografica, si nota che al Nord il 32 per cento delle famiglie ha limitato gli acquisti (il 39 per cento ha ridotto le «voci» pane e pesce). Al Centro la percentuale di chi ha dato un colpo di forbice ai consumi sale al 36 per cento (il 37 per cento ha ridotto il pane, il 48 per cento il pesce, il 43 per cento la carne bovina); mentre nelle regioni meridionali si arriva al 50 per cento (il 38 per cento ha ridotto il pane e il 56 per cento la carne bovina).
Per quanto concerne la scelta di prodotti di qualità inferiore, l’orientamento delle famiglie, a livello nazionale, ha riguardato il pane per il 40,2 per cento, la carne bovina per il 46,2 per cento, la frutta per il 44,5 per cento, gli ortaggi per il 39,7 per cento, i salumi per il 32,5 per cento.

Nel 2008 la spesa alimentare ha rappresentato, in media, il 18,8 per cento di quella totale. In questo periodo è aumentata la percentuale di famiglie che ha acquistato prodotti agroalimentari presso gli hard-discount (dal 9,7 del 2007 al 10,2 per cento). Comunque, gli iper e i supermercati restano i punti vendita dove si ha la maggiore concentrazione degli acquisti da parte degli italiani con il 68,2 per cento (specialmente nel Centro-Nord con il 73 per cento). A seguire il negozio tradizionale (64,9 per cento), in particolare nel Sud (77,1 per cento). Da rilevare che per la spesa nei mercati rionali ha optato il 21 per cento delle famiglie residenti nel Centro-Nord e il 31,7 per cento quelle delle regioni meridionali.

La percentuale della spesa destinata all’alimentazione varia, tuttavia, tra le classi sociali e per condizione di lavoro. Gli imprenditori e i liberi professionisti spendono per imbandire le loro tavole il 14,5 per cento della spesa totale, i lavoratori autonomi il 18,2 per cento, i dirigenti e gli impiegati il 16,1 per cento, gli operai il 19,9 per cento; mentre per i pensionati la percentuale è del 21 per cento.

La percentuale del 18,8 per cento della spesa alimentare su quella complessiva è -rileva la Cia- così ripartita: 3,2 per cento pane e cereali, 4,3 per cento carne, 1,7 per cento pesce, 2,5 per cento latte, formaggi e uova, 0,7 per cento oli e grassi, 3,4 per cento frutta, ortaggi e patate, 1,3 per cento zucchero, caffé e altri, 1,7 per cento bevande.