Chimica: Filcem Cgil, una crisi senza precedenti
Il 25 marzo a Siracusa le proposte del sindacato per il rilancio del settore
Il calo della produzione industriale italiana è evidente e mette paura (-12%) e il crollo dei consumi elettrici di febbraio (-8,9%) lo rende più evidente.
Non c'è dubbio: lo «tsunami» della crisi ha investito in pieno anche la chimica italiana. La recessione in atto sta colpendo la domanda di beni durevoli di investimento: ma non è escluso che nei prossimi mesi possa raggiungere anche settori di più largo consumo.
Qualche dato ci aiuta a comprendere meglio: solo per restare alla situazione del settore chimico e manifatturiero la cassa integrazione ha travolto pressocchè tutte le aree produttive: a febbraio è aumentata del 763,46% (dati Inps ) rispetto allo stesso periodo del 2008.
La produzione industriale nell'ultimo trimestre (rispetto a settembre 2008) ha fatto registrare il tracollo della gomma (-28,8%), delle produzioni di base della chimica (-20,7%), del vetro (-18,2%), della ceramica (-11,0%). Nè si registrano condizioni migliori nell'indice del fatturato (confronto dicembre 2008 – dicembre 2007): - 18,1% nella fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche; - 28,3% nella raffinazione di petrolio; - 26,5% nell'estrazione di minerali.
A picco infine le esportazioni dei prodotti chimici (-40,9%), effetto della crisi globale della quale la produzione della chimica italiana ha avvertito – prima di altre - il calo internazionale dei consumi.
Se a ciò si aggiunge la scarsa competitività del sistema produttivo italiano, entrato in recessione prima di altri paesi europei, il gioco è fatto.
Nel frattempo incombono, come una spada di Damocle, le pessime previsioni di crescita della produzione per il 2009, che potrebbe chiudere con un -4,5%.
Vediamole comparto per comparto: la chimica di base passerebbe da un + 3,6% a zero; plastiche e resine, dal +2,1% a -1%; le fibre chimiche, -11%; fertilizzanti, -3,5%; vernici, -0,5%.
Una situazione meno drammatica invece si profilerebbe per quella parte della chimica che si rivolge a beni non durevoli: materie prime e intermedi per l'industria cosmetica, detersivi, additivi per l'industria alimentare.
Nonostante questo quadro a dir poco preoccupante, alcune produzioni hanno «retto», non certo per le volontà aziendali di innovare e svilupparle, ma solo perchè richieste dal mercato: il politene (plastica per tubi di irrigazione); gli elastomeri (gomme) il cui petrolchimico di Ravenna è il numero uno in Europa; gli stirenici (paraurti per auto, plastiche per air bag, plastiche antiurto) di cui il solo stabilimento di «Polimeri Europa» (Gruppo Eni) di Mantova produce oltre un milione di tonnellate all'anno.
«Allarme rosso» per l'occupazione
I riflessi sul lavoro sono evidenti: oltre 20.000 – è la stima della Filcem-Cgil - gli addetti del settore a rischio (il 14% della forza lavoro totale) tra cassa integrazione ordinaria, straordinaria, mobilità; circa 1.000 le mancate conferme di lavoratrici e lavoratori a tempo determinato, oltre a migliaia di addetti «sospesi» tra proroga e cassa integrazione in deroga delle aziende in appalto, prevalentemente concentrati nella manutenzione, nella logistica, nei servizi.
«Se la congiuntura economica non cambierà segno – avvertono preoccupatissimi Alberto Morselli, segretario generale della Filcem-Cgil, e Salvatore Corveddu, responsabile per la segreteria nazionale del Dipartimento chimico-farmaceutico – avremo da subito un ulteriore utilizzo della cassa integrazione, con riflessi sull'occupazione ancora più gravi e difficilmente prevedibili». Non è un mistero per nessuno che la Filcem-Cgil rivendica da tempo un piano di politica industriale e di interventi per una industria ecocompatibile.
Qualche esempio più eclatante e qualche indirizzo sbagliato di imprese «leader» nel settore fanno presagire che l'industria chimica – anche evitando di essere catastrofisti – si sta riducendo al lumicino.
Non è un caso che sul piano nazionale pesi la lenta ma progressiva fuoriuscita dalla chimica del Gruppo Eni e della sua società «Polimeri Europa» - nonostante il recente e positivo accordo raggiunto tra Safi (Sartor), la multinazionale inglese Ineos, ed Eni per il rilancio del ciclo del cloro a Porto Marghera, Ravenna e Porto Torres e per la sostituzione delle celle a mercurio con quelle a membrana che renderanno (finalmente!) la chimica sempre più competitiva ed ecocompatibile.
A ciò si aggiunge il fatto che Montefibre ha reso note ulteriori difficoltà legate al permanere della crisi produttiva delle fibre sintetiche artificiali che può compromettere l'attuazione dell'accordo di agosto 2008 sulla realizzazione dell'innovativa fibra al carbonio.
Così come conseguenze nefaste sono probabili nel polo di Priolo – Siracusa (2.000 le unità in pericolo), mentre prosegue la stato di crisi dell'Eurallumina di Portovesme (Sulcis) che fermerà gli impianti per un anno, dalla metà di marzo, con conseguente cassa integrazione straordinaria per 450 lavoratori (oltre 700 se si comprende l'indotto). Pressocchè al collasso la Caffaro di Torviscosa (Udine) e di Brescia (circa 400 i dipendenti coinvolti) per la quale è stato nominato il commissario liquidatore. Mentre «Euroallumina» , il più importante impianto dell'area sulcitana Carbonia-Iglesias, ha messo in cassa integrazione per 12 mesi da marzo 2009 i suoi dipendenti (700 gli addetti coinvolti, compreso l'indotto) nonostante la Filcem-Cgil abbia avanzato una proposta per salvarne la produzione: chiedere alla Rusal ( la proprietà russa degli impianti, n.d.r.) di bilanciare le sue produzioni di allumina con gli impianti dell'Ucraina e dell'Irlanda.
Insomma chimica e petrolchimica scontano l'effetto della crisi mondiale prima di altri settori, perchè rappresentano l'anello della catena delle materie prime necessarie alla trasformazione dei prodotti per il comparto manifatturiero (tessile, gomma-plastica, auto, vetro, concia, ceramica) che, a sua volta, risente in prima persona della crisi.
«E' soprattutto per ciò che sta avvenendo – dicono Morselli e Corveddu – che abbiamo reiteratamente chiesto al ministro dello Sviluppo Economico la convocazione del tavolo generale di confronto per il rilancio della chimica italiana, a partire dal monitoraggio della situazione per tutti gli accordi di programma esistenti nei siti». «Per la verità – incalzano i sindacalisti – il 9 luglio dello scorso anno il ministro Scajola promise che entro settembre il tavolo negoziale sarebbe stato convocato. Ma, ad oggi, non è stato nemmeno..... apparecchiato!»
Al contrario – insistono i sindacalisti - occorre fare presto e bene perchè stiamo parlando di un settore che ha urgente bisogno di essere rilanciato con una «cura da cavallo» in investimenti per infrastrutture, sapere, brevetti, bonifiche, innovazione e ricerca, «il solo modo – aggiungono i dirigenti della Filcem-Cgil – per restituire dignità alla chimica e quel ruolo da protagonista che gli compete nello sviluppo economico e sociale del nostro paese».
Le proposte e le ricette che avanza la Filcem-Cgil
Governo e Confindustria continuano a sostenere che la «chimica è strategica». Bene, ma troppo – e solo - a parole. «Se fosse un pò più coerente con le dichiarazioni – sostengono senza mezzi termini Morselli e Corveddu – il Governo avrebbe potuto rinunciare ad una parte dei dividendi faraonici che il ministero dell'Economia incassa dall'Eni in favore di nuovi investimenti nelle produzioni e nelle eccellenze di mercato (politene, elastomeri, stirenici, n.d.r.), almeno nella sua chimica». Discorso analogo per Confindustria, che ha lasciato «arrangiarsi» centinaia di imprenditori piccoli e medi che – da soli – hanno limitato i danni migliorando l'efficienza operativa, rivedendo i portafogli prodotti e puntando sui mercati più dinamici (Cina, India, Est Europa).
La chimica – dicono alla Filcem-Cgil – è sempre stata leader nell'abitare, nel conoscere, nel muoversi, nel divertirsi; il motore, insomma, del «made in Italy» perchè dietro ai nostri stilisti o al design – solo per fare un paio di esempi – ci sono – è bene ricordarlo - i prodotti chimici.
Permane grave, ad esempio, il ritardo nella rivisitazione dei processi produttivi in chiave di sostenibilità ambientale, così come il sistema amministrativo istituzionale che costringe i territori a «sopportare» pesanti impatti ambientali.
Che fare allora? Una ricetta la Filcem-Cgil ce l'ha e intende confrontarla con tutti coloro i quali (istituzioni locali e nazionali, ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente, forze politiche, sociali e imprenditoriali) hanno a cuore le sorti di un settore leader nell'abitare, nel conoscere, nel lavorare, nel muoversi,nel divertirsi. In sintesi le proposte e i progetti che avanziamo:
un impegno massiccio di investimenti in ricerca scientifica, formazione,innovazione:
a) Stato ed Enti locali forniscano garanzie per prestiti selettivi e sostegno fiscale agli investimenti delle imprese; b) estensione del programma per l'innovazione del progetto «Industria 2015»; c) un ruolo «sociale» delle banche - di stampo inglese - che scommettano e aiutino progetti di eccellenza di giovani nuovi talenti, che altrimenti resterebbero nei cassetti; d) un ruolo più convinto delle Università che potrebbero, per questo capitolo, detrarsi gli investimenti dal loro bilancio annuale;
fiscalità di vantaggio e detassazione del reddito delle piccole e medie imprese (il 92% del tessuto produttivo della chimica secondaria) soprattutto nel Meridione, e per un periodo limitato di tempo;
interventi legislativi in sede europea a sostegno di imprese e poli chimici che rispettano le norme, evitando delocalizzazioni e trasferimenti in paesi meno rigorosi nella regolamentazione ambientale e favorendo forme di agevolazione fiscale mirate alle imprese che hanno deciso di insediarsi nel nostro paese;
incentivare fusioni e accorpamenti per favorire la crescita dimensionale delle piccole imprese per accrescerne la massa critica e la loro competitività: un aiuto concreto – oltre i «Tremonti bond» - può venire da interventi mirati prelevati dal «mare magnum» della Cassa Depositi e Prestiti;
convocare, come peraltro più volte annunciato dal Governo, la Conferenza nazionale sull'energia che abbia l'obiettivo, tra l'altro, di abbassare e ridurre il differenziale del costo dell'energia con gli altri paesi internazionali concorrenti;
semplificare le procedure burocratiche autorizzative per facilitare investimenti e attrazione di capitali esteri, attraverso un riforma della pubblica amministrazione più vicina a cittadini e imprese.
Infine, sviluppare le nuove tecnologie ambientali per bonificare e recuperare i siti ad una chimica «più verde» e attenta alla qualità della vita nei territori; continuare a sostenere le già buone relazioni industriali nel settore e il ruolo dell'Osservatorio nazionale; agire con rapidità suoi costi energetici e dei trasporti completano il quadro delle proposte sindacali.
«Noi chiediamo – concludono Morselli e Corveddu – che il nostro paese torni a ragionare seriamente sul futuro della chimica, in assenza del quale sarà inevitabile la deindustrializzazione dell'Italia con conseguenze imprevedibili sull'occupazione, nell'economia industriale, sulla bilancia commerciale dei pagamenti perchè importante sarà uscire dalla crisi a testa alta».
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