16 aprile 2024
Aggiornato 17:00

Anche in Italia la pesca è tra le attività produttive più pericolose

Lo dichiara il responsabile del dip. Pesca della Flai-Cgil Giovanni Mininni

«I dati resi noti oggi dalla Fao nel suo rapporto sulla sicurezza nella pesca a livello mondiale confermano la fortissima esposizione del settore alla dinamica degli incidenti sul lavoro.
Anche in Italia, dove si stima siano circa 40.000 i lavoratori dipendenti del settore, la pesca è tra le attività produttive più pericolose.
La forte esposizione alla dinamica degli incidenti è da ricondurre direttamente ai grandi carichi di lavoro, alla mancanza dei dispositivi minimi di sicurezza, allo stato di logoramento delle imbarcazioni e all’assenza di un sistema di ammortizzatori sociali adeguato.

Come se non bastasse i lavoratori italiani della pesca vengono retribuiti in base al prodotto venduto, secondo una pratica quasi medioevale come quella della ‘paga alla parte’. Ciò li porta ad uscire in mare anche con condizioni meteo avverse, mettendo a repentaglio la propria incolumità pur di garantirsi un reddito.

E’ per questo che da tempo immemore abbiamo sollecitato i governi che si sono succeduti affinché fosse stabilito un regime di ammortizzatori sociali in grado di garantire reddito ai lavoratori anche in caso di mal tempo e calamità naturali, evitandogli così il rischio di uscire in mare a tutti i costi.
Abbiamo più volte richiesto, inoltre, la piena attuazione del Testo unico sulla sicurezza, che per la pesca vorrebbe che ogni lavoratore imbarcato fosse dotato di alcuni specifici dispositivi di sicurezza individuale.

Con estremo rammarico, però, abbiamo dovuto registrare finora il totale disinteresse da parte dei governi, e in particolare dell’attuale Ministro delle Politiche agricole, nei confronti dei lavoratori della pesca e l’impossibilità di migliorarne le condizioni».