2 maggio 2024
Aggiornato 08:00
Intervista di Laura Matteucci - L'Unità

Pierluigi Bersani: «Ci metteranno una pezza e sarà un disastro»

«Se si fanno provvedimenti speciali di decontribuzione dei costi del lavoro a favore delle aziende, allora attenzione: perchè in Italia ci sono crisi dappertutto»

«Berlusconi e la destra per ragioni puramente elettorali e politiche hanno messo Alitalia su un percorso accidentale, lungo e pericoloso. Siamo in un imbuto drammatico. Un’eventuale soluzione delle prossime ore sarebbe solo una tappa, una pezza che lascerebbe aperte tonnellate di problemi. Per i mesi a venire continuo a vedere solo ostacoli e intoppi».

Berlusconi dà la colpa ai sindacati e alla sinistra, che «vuole dare uno smacco al governo». Si sente perseguitato.
«Berlusconi è il campione mondiale della faccia tosta. Non è nemmeno il caso di commentare».

Invece è il caso, parla da presidente del Consiglio.
«Lui non dovrebbe dormire di notte. Proprio lui, che ha infilato Alitalia in questo disastro per pure ragioni elettorali. È totalmente irresponsabile. Gli sfuggono le proporzioni del disastro». Pierluigi Bersani, ministro ombra dell’Economia per il Pd, è esasperato. Alitalia è a un passo dal fallimento, tra incontri concitati, nuovi allarmi e, in serata, la convocazione dei sindacati da parte del governo. Ma Berlusconi, che aveva dichiarato di avere la soluzione in tasca, per cercare di salvare la faccia scarica le responsabilità sulla sinistra e sul sindacato perchè si pieghi a firmare contratti che non raggiungono neanche quelli delle compagnie low-cost».

Tra l’altro, tra le prime a rifiutare le condizioni per l’accordo ci sono le organizzazioni sindacali dei piloti, politicamente connotate a destra.
«Infatti. Comunque, lasciamo perdere destra e sinistra. Siamo di fronte a un dramma, e Berlusconi tende solo a cercare di fare bella figura a carico dei contribuenti. Vorrei capire bene quali carte il governo intenda giocare: perchè se sono carte di spesa pubblica, deve dirlo».

Che cosa teme?
«Se oltre a mettere a carico pubblico 1 miliardo, 1 miliardo e mezzo, si fanno provvedimenti speciali di decontribuzione dei costi del lavoro a favore delle aziende, allora attenzione: perchè in Italia ci sono crisi dappertutto, non si possono accettare condizioni differenti a seconda delle situazioni. Si andrebbe a creare un precedente, e a quel punto tutti potrebbero vantare gli stessi diritti. Giustamente».

Perché dice che un’eventuale soluzione non sarebbe comunque definitiva?
«La scelta di Berlusconi ha portato ad un progetto che non è affatto la nuova Alitalia, ma la nuova AirOne domestica e monopolistica, con capacità di azione e di investimento limitate. Si è creato un notevole scarto tra i problemi aperti e le soluzioni proposte. Per questo la situazione resta precaria, anche in prospettiva. In questo momento ci stiamo occupando del problema sociale, del passaggio drammatico che riguarda 20mila dipendenti, che non sono affatto dei privilegiati, i precari, e non dimentichiamo le migliaia di lavoratori dell’indotto.
Ma poi di problemi se ne affacceranno altri in primo piano. Le procedure, innanzitutto, che fanno acqua da tutte le parti, e che coinvolgono creditori, fornitori, azionisti, obbligazionisti. Ci sono molte zone oscure in questa vicenda, e molti conflitti di interesse. Tremonti dovrà chiarire parecchie questioni: due mesi fa si è fatto garante della continuità aziendale di Alitalia, e su quella base è stato approvato il bilancio, fornitori e creditori sono rimasti immobili. Adesso invece non c’è alcuna garanzia.
Morale: chi paga? Bisognerà chiarire anche il prezzo dell’operazione, e capire quanto vale davvero AirOne. Poi, la nuova società non riuscirebbe mai a dare risposte territoriali adeguate: ma come, prima una polemica infinita per i due hub di Fiumicino e Malpensa, e adesso che non ce ne sarebbe nemmeno uno tutti zitti? Del resto, chi ha smontato la soluzione Air France?».

È stato Berlusconi. Diceva di avere un’altra soluzione, che avrebbe salvaguardato l’italianità della compagnia.
«Per le prospettive industriali e strategiche, per il prezzo dell’operazione (a Air France sarebbe costata quasi 3 miliardi, senza oneri per i contribuenti), per pulizia delle procedure, quella di Air France era una soluzione indiscutibilmente migliore. La bandiera? Si sarebbe potuto investire perchè imprenditori italiani entrassero nell’azionariato. Meglio partecipare ad una cosa grande che essere padroncini di una cosa piccola».

L’atteggiamento della cordata nella trattativa è insolitamente rigido. Non è che mira al fallimento, ovvero al massimo ribasso?
«Non credo, perchè a quel punto potrebbe arrivare chiunque a bussare. Il fatto è che questa cordata ha la dimensione e la vocazione solo per un’altra AirOne, non si sta discutendo con un grande gestore di traffico aereo».

Pensa potrebbero esserci altre offerte, magari della stessa Air France?
«Penso che in queste ore convulse dovrebbe essere esperito un percorso alternativo. Perchè un conto è parlare, come prima, dell’intera Alitalia, un altro è parlare solo della «polpa». Cambiano i termini dell’operazione, i costi, le prospettive».