Datore di lavoro insolvente – Il Fondo di garanzia dell’Inps deve pagare
Anche per i crediti inerenti gli ultimi tre mesi di lavoro
Con sentenza del 1 settembre 2008, n. 22011 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha chiarito che se il datore di lavoro è insolvente deve essere prevista una tutela più severa ed attenta per i crediti lavorativi rimasti inadempiuti.
Nel caso specifico esaminato dalla Corte il Fondo di garanzia dell’Inps deve pagare i crediti diversi dal Tfr e inerenti gli ultimi tre mesi di lavoro.
Quanto al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria per cui l’Inps è ricorso in Cassazione il termine di dodici mesi decorrente a ritroso dalla data di inizio dell’esecuzione forzata deve essere calcolato senza tener conto del lasso di tempo intercorso «fra la data di proposizione dell’atto d’iniziativa volto a far valere in giudizio i crediti del lavoratore e la data di formazione del titolo esecutivo stesso».
La Cassazione così, in ordine a interessi legali e rivalutazione monetaria ha accolto il ricorso dell’Inps ispirandosi al principio di effettività della tutela e di ragionevolezza enunciato dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea nella sentenza 10 luglio 1997 (causa C 272/95).
Fatto e diritto
L’Inps era stato condannato, ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1992, al pagamento in favore di un dipendente dei crediti di lavoro, diversi dal TFR, per quanto riguarda le ultime tre mensilità del rapporto lavorativo dal medesimo intrattenuto con l’ENAP, stante l'insolvibilità della parte del datore di lavoro e la sua non assoggettabilità a procedura concorsuale.
Con la medesima sentenza, in accoglimento dell’appello principale del dipendente l’Inps venne condannato alla corresponsione, sulle somme poste a suo carico, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del credito sino all’effettivo soddisfo.
La Corte d’Appello aveva stabilito che il credito si riferiva a mensilità non rientranti nei dodici mesi precedenti l’inizio dell’esecuzione forzata, la stessa doveva ritenersi tempestivamente iniziata non appena il lavoratore era venuto in possesso del titolo esecutivo che consentiva il ricorso alla procedura esecutiva e che, sostituendosi il Fondo di garanzia al datore di lavoro nel pagamento della somma dovuta, in quest’ultima dovevano ricomprendersi anche gli accessori del credito retributivo rimasto inadempiuto.
Avverso tale sentenza della Corte d’Appello l’Inps ha presentato ricorso in Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione con riferimento anche ai principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea - ha sempre affermato che il Fondo di garanzia istituito presso l’Inps si sostituisce al datore di lavoro inadempiente per insolvenza nel pagamento dei crediti di lavoro inerenti agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono, non la data d’apertura della procedura concorsuale, ma la data di proposizione della domanda volta all’apertura della stessa procedura, ovvero decorrenti dalla data di proposizione dell’atto d’iniziativa volto a far valere in giudizio il credito del lavoratore, fermo restando che tale garanzia non può essere concessa prima della decisione d’apertura della procedura concorsuale.
Per la Cassazione la garanzia di effettività della tutela come prevista della Corte di Giustizia europea, risulterebbe frustrata qualora si escludesse la validità delle iniziative giudiziali assunte dal lavoratore «in una sede giurisdizionale diversa», prima di avviare la procedura concorsuale.
Per la Cassazione la sentenza impugnata pur avendo correttamente evidenziato la necessità, ai fini dell'esperimento della procedura esecutiva individuale, della precostituzione del titolo esecutivo, ha ritenuto la fondatezza della domanda sul solo rilievo del tempestivo inizio della procedura esecutiva non appena conseguito il possesso, da parte del ricorrente, del titolo esecutivo che ne consentiva l’esperimento, senza interrogarsi (e procedere quindi al relativo accertamento) in ordine all’ampiezza del lasso di tempo intercorso tra la data di proposizione dell’azione giudiziaria volta alla precostituzione del titolo esecutivo e quella di formazione di quest’ultimo e senza, conseguentemente, verificare se il termine di dodici mesi da calcolarsi a ritroso dalla data di inizio dell’esecuzione forzata fosse stato rispettato pur escludendone il lasso di tempo suddetto.
Per la Cassazione il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al Giudice di pari grado indicato in dispositivo, che deciderà adeguandosi al seguente principio di diritto:
«Con riferimento all’obbligo del Fondo di garanzia costituito presso l’Inps di pagare, i crediti, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi di lavoro, avuto riguardo al principio di effettività della tutela enunciato dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea nella sentenza 10 luglio 1997 (causa C 272/95)
Il termine di dodici mesi decorrente a ritroso dalla data di inizio dell’esecuzione forzata (art. 1, comma 1, lett. b, D.Lgs. n. 80/82) va calcolato senza tener conto del lasso di tempo intercorso fra la data di proposizione dell’atto d’iniziativa volto a far valere in giudizio i crediti del lavoratore (siccome necessario per la precostituzione del titolo esecutivo e, quindi, per dare inizio all’esecuzione forzata) e la data di formazione del titolo esecutivo stesso, fermo restando che la garanzia potrà essere concessa soltanto qualora, a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione di tali crediti, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti».
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