19 aprile 2024
Aggiornato 09:00
In picchiata le quotazioni di frutta, ortaggi e cereali

Prezzi: con le flessioni registrate sui campi nessun alibi a nuovi rincari

La Cia evidenzia che i dati dell’Ismea relativi al mese di luglio confermano il contributo dell’agricoltura a contrastare l’inflazione. Ribadita l’esigenza del “doppio prezzo” per i prodotti particolarmente sensibili. Necessari rapporti più stretti e accordi nelle filiere

L’agricoltura italiana non è la causa dei rincari dei prodotti alimentari e non favorisce, quindi, l’inflazione. I prezzi agricoli alla produzione -come evidenzia l’Ismea- in luglio sono diminuiti del 6,5 per cento rispetto al mese precedente, mentre lo stesso aumento dell11,4 per cento registrato nei confronti dello stesso periodo del 2007 è ben inferiore agli incrementi che, in dodici mesi, si sono avuti nei vari passaggi della filiera. A segnalarlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori per la quale i cali congiunturali evidenziatisi sui campi (in particolare per frutta e ortaggi, rispettivamente, con un meno 22 per cento e 14,2 per cento) dovrebbero quanto meno bloccare i listini sino alle vendite al dettaglio. Dunque, nessun alibi per nuovi aumenti.

Per la Cia anche la diminuzione del prezzo all’origine dei cereali, che l’Ismea quantifica in 3,9 per cento, non può assolutamente determinare ulteriori impennate per pane e pasta, visto che anche a livello internazionale il grano continua a registrare un costante calo.
Gli aumenti che si sono avuti in questi ultimi due anni -avverte la Cia- sono determinati da altri fattori: le filiere agroalimentari troppo lunghe, la logistica infrastrutturale, i trasporti insufficienti e costosi, gli incrementi tariffari, e, non ultime, le speculazioni.

I prezzi dei prodotti agricoli -denuncia la Cia- si «gonfiano» in maniera abnorme dal campo alla tavola, specialmente nel settore dell’ortofrutta, dove si registrano aumenti anche del 200 per cento, come evidenziato di recente anche dalla Banca d’Italia e dall’Antitrust. In media su un prodotto ortofrutticolo l’incidenza della fase produttiva, cioè il prezzo praticato dal produttore, è tra il 18 e il 20 per cento. Un aspetto che diventa più appariscente nelle regioni del Mezzogiorno, dove per alcuni prodotti tipici, come uva da tavola, arance e limoni, l’agricoltore ricava un quinto del valore finale.

Discorso valido anche per il prodotto trasformato. Ad esempio, un litro di latte alla stalla costa 0,40 euro, mentre al consumo arriva ad 1,60/1,70 euro. Il che significa che la parte agricola, dove i costi continuano a crescere in maniera evidente, incide poco più del 20 per cento sul prezzo finale.
In questo contesto, la Cia sottolinea l'esigenza di promuovere azioni e strumenti per favorire la corretta informazione ai consumatori, come l'indicazione in etichetta del «doppio prezzo», all'origine ed al consumo, per i prodotti particolarmente «sensibili». Non solo. Occorrono anche rapporti più stretti di filiera con validi accordi, come quello sottoscritto tra Cia e Confesercenti. Inoltre, per contribuire alla trasparenza dei processi di formazione dei prezzi dei prodotti alimentari appare indispensabile l'istituzione di Osservatori regionali dei prezzi, sostenendo nel contempo l'attività di segnalazione svolta dal garante dei prezzi.