Le sorelle Pozzo e il pallino per l’Erbaluce
A Viverone una storia che riconduce alla «terra». Due ragazze portano avanti l’azienda vitivinicola di famiglia, con un pizzico di novità: spumanti, grappe e un Erbaluce senza solfiti né lieviti aggiunti
VIVERONE - «Mio zio, novantaquattrenne, non smette mai di ricordarmi che dove ora vediamo i boschi, un tempo era tutta vigna», in questa frase si legge tutta la dedizione dei giovani che riscoprono la natura, o meglio «la terra», e il suo valore. A pronunciarla è Elisa Pozzo trentasettenne viveronese che insieme alla sorella Claudia, di due anni più giovane, porta avanti l’azienda agricola di famiglia, nota per la produzione dell’Erbaluce, vino che spesso incanta i turisti in arrivo sul lago.
Fare il vino è un mestiere, ma ci vuole vocazione
Il ritorno alla terra ed ai sui valori non è solo una bella favola, chi nella natura ci nasce spesso non riesce a starci poi lontano. Elisa, con la passione per la moda e il disegno, ha frequentato l’Istituto Europeo di Design a Milano, Claudia l’alberghiero e ha viaggiato a lungo per lavoro, ma alla fine hanno scelto la viticoltura, e dal 2009 si occupano, con l’ausilio dei genitori che hanno passato loro il testimone, di 3 ettari di vigne e alcune coltivazioni di kiwi. «A casa nostra si fa il vino fin dagli anni ‘50, ha cominciato nostro nonno, con la classica produzione di famiglia, poi nostro padre è passato all’imbottigliamento e alla vendita – spiega Elisa – e oggi tocca a noi». Di sicuro tenere in piedi un’azienda vitivinicola in una terra che ha una buona vocazione ma non è particolarmente nota sotto questo profilo non è semplice: «Le difficoltà non mancano, a livello imprenditoriale soprattutto legate alla burocrazia – confermano le due sorelle – per quanto riguarda il prodotto, nella nostra zona ci siamo molto affinati, ma dobbiamo ancora lottare per farci conoscere. Anche l’Erbaluce, fiore all’occhiello del viveronese non è ancora abbastanza apprezzato fuori dal Piemonte».
Le mille vite del’Erbaluce: fermo, bollicine, passito
Il bianco di zona per antonomasia ad ogni modo di strada ne ha fatta. In molti non lo sapranno, ma l’Erbabuce è la più antica Doc piemontese, ha ottenuto la certificazione 1967 e dal 2010 è passato al gradino superiore, vale a dire la Docg. «È un vino che è cresciuto molto – conferma Elisa Pozzo – noi riscontriamo parecchio interesse, anche ad esempio da parte dei turisti stranieri che in estate visitano il lago. La particolarità dell’Erbaluce è la sua acidità, è un vino bianco secco, che si presta però a diverse declinazioni». L’etichetta Pozzo lo propone prima di tutto nella classica versione Erbaluce Caluso docg, lo chiamano Reirì, verbo piemontese che significa diradare: «È il lavoro che facciamo per scegliere e portare a maturazione i grappoli migliori», spiegano le viticoltrici. Per chi ama il Passito c’è L’Arbat, che matura in botti di rovere per 5 anni e scioglie l’acidità in una nota più dolce. E poi visto che siamo sotto le feste non possono mancare le bollicine, secondo Coldiretti in questo periodo sono state stappate 60 milioni di bottiglie di spumante made in Italy. Tra queste di sicuro c’erano dei Reirì Pozzo, vinificati con metodo Charmat con con metodo classico. Per i più appassionati la differenza ce la spiegano direttamente le produttrici: «Sono fatti entrambi con uve Erbaluce, la differenza è che il metodo Charmat prevede la rifermentazione in autoclave, mentre quello classico in bottiglia. Quest’ultimo è richiesto per tutte le docg ed ho lo stesso usato per lo champagne. Il vino riposa per un minimo di 17 mesi durante i quali il mix di lieviti e zuccheri crea le famose bollicine». E per chi non ama i bianchi, c’è pure il Masèra, un Canavese Rosso doc, figlio della vinificazione di barbera, nebbiolo, bonarda e freisa.
Tra le novità il vino senza solfiti, l’olio d’oliva e lo zafferano
Portare avanti un’attività di famiglia significa anche arricchirla, le sorelle Pozzo mettono in pratica questo concetto con nuovi metodi e nuove coltivazioni. «Il modo di concepire l’enogastronomia sta cambiando per questo abbiamo deciso di produrre un primo vino senza solfiti e senza lieviti aggiunti – spiega Elisa Pozzo – l’abbiamo chiamato Natural, è sempre un Erbaluce, ma non avendo agenti esterni fermenta più lentamente, è leggermente meno alcoolico e ci guadagna un pizzico in dolcezza». E poi c’è la grappa, di vinacce di passito, distillata da una piccola azienda ai piedi di Oropa, Cascina La Noce. Alla viticoltura si affiancano, infine, tre produzioni agricole, i classici kiwi, lo zafferano, per il quale c’è già una piccola vendita al dettaglio, e l’olio d’oliva extravergine, sul quale invece si sta ancora lavorando a titolo sperimentale.