«Il Caso Spotlight» vince l'Oscar e sfida il Vaticano
Nella Boston del 2002, un team di giornalisti sfida la Chiesa Cattolica denunciando gli abusi sessuali compiuti da una settantina di sacerdoti a danno di minori
ROMA – Non è stata solo la notte di Leonardo Di Caprio. In un trepidante Dolby Theatre, la statuetta del miglior film è andata a «Il Caso Spotlight», diretto da Tom McCarthy. Il film è la riproposizione su pellicola dell'inchiesta di un team di giornalisti del Boston Globe che porta a galla le «debolezze» della Chiesa Cattolica d'oltreoceano. Aldilà dell'impeccabilità del lavoro, il film di McCarthy è tutt'altro che sottovalutabile: chiede un rendiconto concreto dei fatti al Vaticano e lo fa con tanto di prove evidenti.
Il puzzle
Siamo nel 2002 e, sotto la spinta del nuovo direttore del quotidiano di Boston, i giornalisti di Spotlight – tra i più prestigiosi team di giornalismo investigativo statunitensi – denunciano circa settanta sacerdoti dell'Arcidiocesi della città che avevano, negli anni, abusato sessualmente di alcuni minori. Abusi, questi, che, tramite la mediazione di uno studio legale, erano stati sistematicamente e sapientemente insabbiati. Il film racconta la ricostruzione minuziosa e faticosa del puzzle degli abusi, con la ricerca delle vittime e di tutte le prove necessarie per poter sbattere in prima pagina una verità che avrebbe cambiato la vita di buona parte della cattolica Boston. Coscienti di suscitare le ire di un'istituzione tanto potente quanto autorevole, i giornalisti del Globe sono disposti a sfidare la Chiesa pur di rendere giustizia alle vittime e alle sofferenze subite. L'inchiesta verrà terminata e pubblicata quello stesso anno, per poi vincere il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano nel 2003.
L'appello al Vaticano
La storia raccontata da «Il Caso Spotlight» tira in ballo per forza di cose il Vaticano. E lo fa in modo diretto, senza mezze misure. «Lo scandalo rivelato dalla squadra investigativa Spotlight del Globe ha finito per assumere un’eco mondiale. Quattordici anni dopo, la chiesa cattolica continua a dover rispondere del perché ha nascosto comportamenti così gravi su scala così ampia e dell’adeguatezza delle sue riforme», commenta dal suo Washington Post Martin Baron, l'allora direttore del Boston Globe che si fece promotore dell'inchiesta. Importanti anche le parole del regista del film: McCarthy spiega, infatti, che il film è stato prodotto sì «per tutti i giornalisti che fanno inchiesta», ma anche «per i sopravvissuti, il cui coraggio è di ispirazione per tutti noi». A calcare la mano con i commenti al premio Oscar è sicuramente il produttore del film, Michael Sugar, che, rivolgendosi direttamente alle alte sfere del Vaticano chiede che la Santa Sede faccia qualcosa per le vittime degli abusi: «Questo premio dà voce ai sopravvissuti. Una voce che arriverà al Vaticano. Papa Francesco, è arrivato il momento di proteggere i bambini».
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