19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Pasolini 40 anni dopo

Pasolini a 40 anni dalla morte, il ricordo dell'uomo e dell'artista

Veniva ucciso 40 anni fa nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975. La sua reputazione di intellettuale polemico e scomodo rimane ed è drammaticamente attuale

ROMA - Sono ormai passati 40 anni dall'assassinio di Pier Paolo Pasolini sulla spiaggia di Ostia, nella notte tra l'1 e il 2 novembre del 1975. Ma la sua eredità di intellettuale scomodo resta. A 53 anni scompariva uno dei maggiori intellettuali italiani del dopoguerra, la voce più scomoda e tra le più intelligenti di quegli anni. Un delitto la cui responsabilità ricade subito su Giuseppe Pelosi, uno dei ragazzi di vita con il quale lo scrittore si era appartato quella notte, fermato poco dopo al volante dell'Alfa dello stesso Pasolini. Ma la versione data da Pelosi, che inizialmente si dichiara colpevole non convince. Subito, tra gli amici di Pasolini, si pensa ad altro. Oriana Fallaci, la mattina del 2 novembre chiama il 'Corriere' e avverte: "Scrivete che sono stati i fascisti». Anche Pelosi negli anni ritratterà la sua ammissione di colpa, parlando di tre persone, giunte sul posto, che hanno massacrato Pasolini. Un giallo tuttora irrisolto, su cui adesso anche la politica chiede una svolta, con la richiesta, fatta in questi giorni di una Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Pasolini, firmata da decine di deputati e senatori.

L'uomo del cambiamento sociale
Quando, negli ultimi anni, prima di morire ucciso nel 1975, relativamente alla storia recente del Paese, scrisse che l'Italia stava vivendo «un processo di adattamento alla propria degradazione». Oggi, a quaranta anni di distanza, non si può dire che quel processo sia concluso, ma certo quelle parole risultano drammaticamente profetiche ed attuali. E' anche per questo, per la sua critica «all'edonismo consumistico» e «al conformismo interclassista», per aver colto, segnato e rappresentato un momento profondo di cambiamento della nostra società, dalle antiche tradizioni e cultura contadina, al materialismo e la violenza del dopo boom economico, che nel 1973 ha la sua prima e grave crisi, che Pasolini ha finito per diventare un punto di riferimento continuamente citato. La sua figura è finita quasi santificata, grazie anche ai misteri mai risolti legati alla sua morte violenta, al suo martirio. Intellettuale vivace, intelligente e curioso, in anni in cui gli intellettuali erano anima della vita sociale e politica, artista multiforme, poeta, narratore, drammaturgo, regista cinematografico, filologo, critico, giornalista e polemista, quando la commistione di generi era ancora vista con sospetto, in tutto ciò in cui si è provato ha portato un tocco di personale innovazione, ha messo la sua vena polemica e provocatoria, frutto anche dell'essersi misurato con una vita difficile, contrastata e sofferta, esibita e patita e difesa.

La vita
Nato a Bologna nel 1922, girovaga per i paesi in cui viene trasferito il padre militare, poi dal 1937 torna a Bologna dove studia, segue all'Università le lezioni di un maestro come Roberto Longhi, fa amicizia con il gruppo di Leonetti e Roversi (coi quali negli anni '50 fonderà Officina), collabora a riviste e pubblica in friulano le «Poesie a Casarsa», il paese dell'amatissima madre Susanna. Viene richiamato 15 giorni prima dell'8 settembre 1943, quando fugge e ripara proprio a Casarsa dove sono sfollati la madre e il fratello minore Guido, che, partigiano autonomista, nel 1945 resta ucciso in scontri con partigiani favorevoli a Tito, fatto che lo spingerà a un maggiore impegno politico e all'iscrizione al Pci, mentre inizia a insegnare. Nel 1949, accusato di corruzione di minori del suo stesso sesso, per lo scandalo venne sospeso dalla scuola e radiato da partito e, come costretto a fuggire, si trasferisce a Roma (ne parlerà 30 anni dopo in «Amado mio» e «Atti impuri»). Se per Pasolini, e lo testimoniano i suoi primi versi, il Friuli era luogo quasi sognato, così felici e liberi nella loro istintuale esistenza e sessualità sono i «Ragazzi di vita», romanzo scandalo del 1955, scritto invece in un romanesco non reale, mimetico, ma allusivo e reinventato letterariamente (quattro anni dopo arriverà «Una vita violenta»).

Il mistero mai risolto
Nemmeno adesso, a quarant'anni esatti dalla sua morte, Pasolini può riposare in pace: la verità è ancora su quel campo, a Ostia, dove, per ricordarlo, c'è una stele. Che recita uno dei suoi versi più celebri: «Passivo come un uccelletto che vede tutto, volando, e si porta in cuore nel volo in cielo la coscienza che non perdona».