3 maggio 2024
Aggiornato 02:30
Cronaca

I fumi dei campi nomadi fanno paura: si pensa al monitoraggio della salute di chi ci vive vicino

Particolare attenzione anche verso chi lavora nei pressi delle zone colpite dal fumo. In attesa del superamento dei campi promesso da Chiara Appendino, è la salute di chi ha respirato sin ora le sostanze tossiche a preoccupare

TORINO - Una nube di fumo nero si leva da uno dei campi nomadi della città di Torino. Fumi tossici, odori terribilmente acri che costringono le persone a barricarsi in casa: una situazione che si ripete praticamente ogni giorno, tra le proteste dei residenti esasperati. In attesa che la questione venga risolta in un futuro prossimo come promesso da Chiara Appendino, alcuni consiglieri del Movimento 5 Stelle hanno voluto riportare l’attenzione sulla condizione salutare di chi abita e lavora nei pressi dei vari campi. Da via Germagnano a Strada Aeroporto, vi sono infatti cittadini che respirano inquinamento da 30 anni. Una situazione insostenibile e pericolosa per la salute dei cittadini. L’idea proposta è quella di attivare un biomonitoraggio dei cittadini residenti in prossimità delle baraccopoli. 

Perché è importante monitorare la salute di chi vive e lavora vicino ai campi
La chiusura dei campi, tanto invocata dalla sindaca, non ha niente a che vedere con questa misura. Così come nel caso dell’amianto, gli effetti delle sostanze inquinanti respirate sino a oggi saranno visibili solamente tra molti anni. Ecco perché, anche nel caso in cui il superamento dei campi dovesse avvenire nel breve periodo, i danni per chi ha respirato questi fumi saranno comunque inevitabili. Il monitoraggio, importante dal punto di vista della prevenzione e utile per piccoli accorgimenti sulle abitudini di vita, è comunque competenza della Regione Piemonte e dell’Asl. L’attenzione verso le condizioni di chi vive vicino a un campo nomadi è massima. Il problema comunque non riguarda solamente i residenti, ma anche chi in quelle aree lavora: dai dipendenti del canile di via Germagnano sino agli operatori dell’Amiat, sono tante le persone che ogni giorno e per diverse ore «respirano inquinamento». Quali sono le loro condizioni di salute? Senza creare allarmismi, la preoccupazione è reale e lo testimonia il provvedimento che impone agli operatori della polizia municipale di operare per un massimo di due ore all’interno del campo nomadi di via Germagnano ogni turno. Non un minuto di più.

Misura soft o importante? La politica si divide
L’idea del biomonitoraggio è condivisa anche dalle opposizioni, anche se le stoccate della minoranza verso una misura utile ma ritenuta troppo «soft» non sono mancate. Stefano Lo Russo, capogruppo del Partito Democratico, invita la Giunta a farsi carico (quanto meno politicamente) della questione e di non «passare la palla» alla Regione mentre Silvio Magliano, in accordo con il monitoraggio, si auspica che non ci si limiti a fotografare la situazione. Più critico Fabrizio Ricca: «Tutto molto bello, ma i fuochi vanno fermati indipendentemente dai biomonitoraggi». Decisa la replica di Sonia Schellino, assessore alle Politiche Sociali: «L’obiettivo è superare i campi, ma voglio spezzare una lancia a favore del controllo sanitario. Controllare le persone che vivono in una situazione di rischio è un modo per dire a queste persone cosa fare a livello di prevenzione. Indicazione di stile di vita, alimentazione, prevenzione o qualcosa che possa aiutarli ad ammalarsi di meno». Una posizione condivisa da Francesco Sicari, consigliere del Movimento 5 Stelle e primo firmatario dell’ordine del giorno: monitorare oggi la salute dei cittadini, consentirà di prendere piccoli accorgimenti nell’immediato e migliorare la situazione in attesa di una soluzione che dia finalmente la possibilità a residenti e lavoratori di tornare a respirare aria pulita.