30 aprile 2024
Aggiornato 22:00
No Tav

Linea dura contro i No Tav: chiesti 2 secoli di carcere per i protagonisti degli scontri in Val Susa

Sono 47 i manifestanti responsabili degli scontri nell’estate del 2011, al cantiere di Chiomonte. Il procuratore generale Francesco Saluzzo spiega: «Differenza tra libertà di manifestare e compiere azioni violente come queste. In loro non c’è pentimento»

TORINO - Duecento anni di carcere. E’ questa la richiesta del procuratore generale Francesco Saluzzo che questa mattina, dopo aver esaminato la posizione dei 47 manifestanti (erano 52 ma per cinque di loro è stata disposta la separazione del processo) che parteciparono agli scontro nel cantiere di Chiomonte del 2011, ha sposato una linea durissima. In alcuni casi la pena si è addirittura inasprita rispetto al primo grado. «Nessuno di loro ha preso distanza dai fatti commessi e non ci sarà mai, vista la radicata convinzione che lo Stato stia sbagliando» sono le parole del pg.

Saluzzo: "Differenza tra libertà di manifestare e violenza"
Per i manifestanti No Tav si tratta di un colpo molto duro, che sancisce la volontà dell’autorità di imporre la propria linea intransigente. Sei di loro, assolti in primo grado, sono stati condannati; altri che avevano ricevuto quattro mesi di carcere hanno visto la propria condanna aumentare sino a 1 anno e 10 mesi: il massimo possibile. In aula, in una requisitoria durata oltre 10 ore, Saluzzo ha portato diversi fotogrammi per spiegare come abbia fatto la Digos a identificare i manifestanti. Dalla doppia udienza, divisa in due parti per affrontare gli scontri del 3 giugno e quelli del 27 luglio 2011, sono venute fuori condanne da un minimo di un anno e otto mesi a un massimo di quattro anni e dieci mesi di carcere. Il procuratore generale ha spiegato la sua decisione: «C’è differenza tra libertà di pensiero e di manifestare e le azioni violente e aggressive come queste».