20 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Calcio

Milan, guarda Mihajlovic, Brocchi e Inzaghi: forse il problema non era in panchina

I tre ex tecnici rossoneri si stanno comportando benissimo con le rispettive nuove squadre, segno che le loro qualità non sono state ben comprese dalla disastrata società milanista

MILANO - Partiamo da una premessa necessaria: Vincenzo Montella è l’allenatore del Milan e si sta ben disimpegnando in questa prima stagione in rossonero, dando identità e personalità ad una squadra persa e smarrita nelle ultime disastrose quattro stagioni. Non tutto è perfetto a Milanello, ci mancherebbe, ma la scelta di affidare la panchina milanista all’ex tecnico della Sampdoria è stata azzeccata, eppure la sensazione è che qualcosa di diverso si respiri in tutto l’ambiente rossonero e non solo grazie al lavoro di Montella. Il passaggio di proprietà, la decisione (tardiva) di Silvio Berlusconi di passare la mano, l’arrivo di Marco Fassone come nuovo amministratore delegato e lo svecchiamento di una dirigenza ormai consumata sta restituendo al Milan nuova linfa e qualche speranza in più per rialzare il capo dopo annate di miseria.

Non erano incapaci

L’idea che si insinua in molti tifosi milanisti è che l’accantonamento precipitoso degli ultimi allenatori della squadra rossonera sia stato il classico capro espiatorio di una società senza spina dorsale, incapace pure di assumersi la responsabilità di riconoscere i propri errori, scaricandoli invece su quei disgraziati degli allenatori, costretti a lavorare con materiale umano pessimo, pressati ed insultati dalla proprietà per non ottenere risultati impossibili da raggiungere per una squadra da centro classifica. Oggi gli ultimi tre allenatori milanisti si stanno disimpegnando alla grande, mettendo in mostra tutte le loro qualità, in barba a Berlusconi che li aveva bollati come incapaci. Togliendo Massimiliano Allegri, esonerato a gennaio del 2014 dopo uno scudetto, un secondo e un terzo posto, sulla panchina del Milan si è seduto prima Filippo Inzaghi nell’agosto del 2014, cacciato senza pietà e riconoscenza da una società allo sbando dopo avergli fornito una rosa da zona Uefa chiedendogli la qualificazione alla Coppa dei Campioni; oggi l’ex centravanti guida con sicurezza il Venezia in serie C, nel girone più competitivo della terza serie, il gruppo B, ha vinto in casa della corazzata Parma ed è la favorita numero uno per il ritorno in serie B. Certo, la serie C non è il Milan, eppure Inzaghi sta dimostrando di saperci fare in panchina, di essere quella guida in grado di accompagnare un gruppo vero ad ottenere i risultati richiesti. Dopo di lui, al Milan, ecco arrivare Sinisa Mihajlovic, denigrato e dileggiato da Berlusconi che gli ha imputato il peggior gioco della squadra rossonera da quando lui ne è presidente, cacciandolo in malo modo ad aprile dopo non aver rinforzato il già mediocre organico milanista, chiamando in prima squadra Cristian Brocchi che allenava la Primavera, poi a sua volta silurato dopo aver mancato l’accesso alla Coppa Uefa ed aver perso la finale di Coppa Italia contro la Juventus. Ebbene, oggi Mihajlovic allena il Torino e lo sta portando in piena zona Uefa, plasmando i granata e rendendoli quella compagine solida e pragmatica a perfetta somiglianza del tecnico serbo, mentre Brocchi è alla guida del giovanissimo Brescia, una delle formazioni con l’età media più bassa della serie B eppure in piena zona playoff grazie agli insegnamenti dell’ex centrocampista, capace di infliggere la prima sconfitta in campionato alla capolista Cittadella ed imporre il pareggio al Bentegodi al Verona, la grande favorita del campionato cadetto.

Disastri societari

Né il Venezia, né il Torino e né il Brescia sono il Milan, in nessuna delle tre città c’è lo stesso ambiente e la stessa pressione di San Siro, ma un dato è certo: il Milan negli ultimi anni non ha sbagliato la scelta degli allenatori, ha sbagliato la loro gestione, non ha saputo fornire loro organici direttamente proporzionali agli obiettivi dichiarati e soprattutto, forse l’errore più grave, non li ha difesi, anzi, li ha gettati in pasto alla critica dei tifosi e dei media, li ha lasciati soli nei momenti difficili, addossando ai tecnici ogni responsabilità, cercando di coprire maldestramente le magagne e le malefatte di una proprietà allo sbando, brava solo a ricordare il passato senza saper organizzare il presente e programmare il futuro. E fa pensare il fatto che nessuno degli allenatori sopra citati abbia mai rilasciato dichiarazioni di rancore verso il Milan: Inzaghi chiede il risultato dei rossoneri ogni domenica, insieme a quello della Lazio di suo fratello Simone, Mihajlovic si dice orgoglioso di aver guidato il Milan, Brocchi afferma che sarà sempre tifoso milanista. Tutti e tre capiscono che l’ultimo Berlusconi, lontano parente del vecchio, ha provato a coprire i suoi goffi errori buttando gli allenatori alla gogna, forse per rispetto, forse per tenerezza, non lo accusano, ma con una carezza guardano avanti e svolgono bene il loro lavoro in piazze capaci di apprezzarli.