26 aprile 2024
Aggiornato 04:30
Calcio

Cristian Brocchi, il leone buono che ha stregato Berlusconi

Le caratteristiche di un uomo sicuro, diretto e leale, chiamato a risollevare un Milan in crisi di identità ed arrivato al quarto esonero nelle ultime quattro stagioni. All’ex centrocampista il compito di rianimare un presidente in confusione

MILANO - Brocchi si nasce…campioni si diventa. Cristian Brocchi espose questa maglia nella stagione 1998-99 quando giocava in serie B con il Verona; i tifosi videro la scritta dopo un grandissimo gol da fuori area realizzato nel 4-1 degli scaligeri contro la Lucchese, una delle tante vittorie di una squadra in grado di dominare il campionato cadetto. La carriera da calciatore di Cristian Brocchi è stata sempre accompagnata da quello slogan tanto spiritoso quanto eloquente, a dimostrazione del fatto che, a dispetto di doti tecniche buone ma non elegantissime, il centrocampista milanese ha costruito la sua vita professionale sul sacrificio, sul lavoro e su una forza di volontà eccellente, grazie a cui Brocchi ha vissuto anni gloriosi al Milan con uno scudetto, due Coppe dei Campioni ed una Coppa Intercontinentale, lasciando nei tifosi rossoneri il ricordo di un personaggio generoso ed attaccatissimo alla maglia e al suo lavoro. Oggi Brocchi è il nuovo allenatore milanista, chiamato al posto del mai amato (almeno da Silvio Berlusconi) Sinisa Mihajlovic dopo la gavetta formativa nel settore giovanile rossonero, facendo innamorare di sé il presidente che ne ammira le doti carismatiche e il gioco offensivo e spettacolare delle sue squadre.

Già allenatore in campo

Il Cristian Brocchi allenatore nasce da lontano, probabilmente già da inizio carriera, ma è sbocciato nei cinque anni alla Lazio dell’ex centrocampista. Chiuso dai vecchi campioni rossoneri, infatti, Brocchi viene ceduto alla società di Lotito nell’estate del 2008 e rimane a Roma fino al 2013, anno in cui appende gli scarpini al chiodo, si infila tuta e cappellino da baseball, dando via alla sua nuova vita da tecnico. Anche a Roma Brocchi è stato ed è tuttora amatissimo, mantenendo anche oggi ottimi rapporti col presidente laziale e con la tifoseria biancoceleste che ha sempre apprezzato le sue doti di trascinatore e di leader. E’ proprio negli anni romani che si intuiscono le potenzialità di Brocchi come allenatore: il ragazzo riesce a non litigare mai coi tecnici, anzi, sono loro a riconoscere il carisma del calciatore, prendendolo come esempio e riferimento del gruppo, consultandolo quando lo spogliatoio è diviso, condividendo anche dubbi e proposte tattiche, intravedendo evidentemente già la mentalità da tecnico di un Brocchi che fa tesoro di ogni parola e suggerimento. Non a caso a Roma è leader dello spogliatoio assieme a Mauri e agli altri «vecchi» del gruppo, coniuga la grinta e la rabbia in campo con la freddezza e l’intelligenza al di fuori del rettangolo di gioco, ovvero ciò che in fondo si chiede ad un allenatore; ma c’è di più: Brocchi viene apprezzato per schiettezza, sia nel rapporto coi compagni e gli allenatori, sia nelle interviste che rilascia alla stampa dove è educato, rispettoso ma anche diretto. In uno degli ultimi ritiri estivi gli chiedono se, nonostante l’età, avesse intenzione di giocare 40 partite anche l’anno seguente; lui risponde con franchezza e un pizzico di stizza: «Voi giornalisti non mi mettete mai in formazione, poi però sono sempre titolare». Mica male, no? Personalità e sicurezza di sé, ma anche disponibilità, tanto che a Formello è evidente a tutti la differenza fra il Brocchi cattivo e rabbioso in campo, e il Brocchi gentile e leale fuori. Un leone buono, potremmo dire.

L’esame più difficile

E proprio di questo leone buono si è innamorato Silvio Berlusconi che lo ha accolto come tecnico delle giovanili pronosticandogli già dagli Allievi Nazionali una sfolgorante carriera come allenatore. Il gioco spettacolare ed il 4-3-3 offensivo ma redditizio con cui il Milan Primavera ha giocato nelle ultime due stagioni hanno poi convinto sempre di più il presidente milanista a rischiare la grande mossa di mettere Brocchi sulla panchina della prima squadra, l’ennesimo cambio di una società allo sbando che cerca capri espiatori ad un fallimento tecnico e gestionale che da quattro anni affligge la gloriosa società rossonera. Dopo Allegri, Seedorf, Inzaghi e Mihajlovic, Brocchi è il quinto tentativo di Berlusconi per restituire brillantezza ad una squadra confusa ed allestita malissimo dal presidente stesso con l’ammuffita regia di Adriano Galliani (comunque assai meno colpevole), e ridare qualche speranza all’avvilito pubblico rossonero. Forse Brocchi è la scelta più voluta da Berlusconi e proprio per questo il lavoro del nuovo tecnico potrebbe essere più sereno, senza le continue e spesso strampalate punzecchiature del numero 1 milanista; il leone buono in panchina è probabilmente la soluzione estrema, l’appiglio finale di un club che sta lentamente ma inesorabilmente mollando gli ormeggi. In bocca al lupo, Cristian, l’esame da sostenere è tanto affascinante quanto duro, si parte da Sampdoria-Milan: sei partite più la finale di Coppa Italia per dimostrare che il Milan può ancora sopravvivere.