Doping: positività al 3,9% negli sport amatoriali. Tra i professionisti è l'1%
Al convegno dell'Unione sportiva Acli anticipati i dati 2008 della Commissione ministeriale di vigilanza e controllo antidoping
ROMA – Lo spettro del doping sugli sport amatoriali. Anticipati al convegno dell'Unione sportiva Acli sulla prevenzione antidoping i dati preliminari del 2008 della Commissione ministeriale per la vigilanza e il controllo del doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. Su circa 860 controlli effettuati nel 2008, il numero di atleti «dilettanti» positivi è pari al 3,9%. Un dato particolarmente allarmante si si pensa che tra gli atleti professionisti la percentuale di positività è intorno all'1%. Ciclismo, body building e box gli sport più «positivi». Ormoni, steroidi e anabolizzanti le sostanze più rintracciate, ma anche cannabis.
A fornire i dati il direttore dell'Osservatorio Fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore della Sanità Piergiorgio Zuccaro, che ha presentato contestualmente il «Kit formativo-informativo per gli sportivi e per le scuole», realizzato in collaborazione con il Ministero del Lavoro e della Salute e delle politiche sociali.
I dati definitivi sui controlli del 2008, suddivisi per sport e sostanze dopanti, verranno resi noti a breve dalla Commissione ministeriale. Sandro Donati, membro della Commissione, commenta: «Il dato finora riscontrato, 3,9%, è preoccupante se messo a confronto con la percentuale di positività dell'1% che viene registrata nei controlli del sistema sportivo professionistico. Certo i professionisti sono più «abili» ad evitare la positività, potendo contare su strutture mediche e laboratoristiche che consentono di assumere farmici senza risultare positivi ai controlli. Ma questo in parte è possibile anche agli atleti dilettanti. Anche per gli sport amatoriali le analisi antidoping sono poco efficaci. La percentuale realistica di positività al doping è senz'altro più alta, forse anche doppia»
Per il presidente dell'Unione sportiva Acli, Alfredo Cucciniello: «Siamo di fronte ad autentica emergenza sociale, educativa e sanitaria. Il problema è l'approccio culturale con cui c si avvicina allo sport, soprattutto da parte dei giovani. Se la cultura dominante è quella del successo, è evidente che anche lo sport di base non è esente da rischi. Deve essere incentivata l'azione preventiva e formativa soprattutto di quelle organizzazioni che promuovono lo sport come valore sociale, aggregativo, di promozione umana»
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