29 marzo 2024
Aggiornato 14:30
La forza di guarire

«Dicevano che non avrei mai più camminato». Studentessa dimostra come la scienza (a volte) si sbagli

A una studentessa dicono che non sarebbe mai più riuscita a camminare, ma grazie alla sua forza e speranza compie il miracolo

La salute è tutto: lo diciamo spesso ma non ci rediamo conto di quanto valga veramente questa affermazione fino a quando stiamo bene. Solo nel caso in cui la salute ci viene a mancare, riusciamo a comprendere davvero il valore di queste parole. E, probabilmente, è ciò che è accaduto a una giovanissima ragazza, affetto da una forte nevralgia conosciuta anche come malattia del suicidio a causa dell’intensità de dolore che provoca.

Nervi, orecchie e collo
La condizione neurologica di cui soffre Emmy Macnicol colpisce diversi nervi tra cui quelli delle orecchie, del collo e della gola. La malattia interessa sia il nervo Vago Glosso faringeo che il genicolato. La povera ragazza, di 27 anni, convive con questa malattia da ben 15 anni. Purtroppo, ha anche sofferto di un ictus conseguente a un intervento chirurgico che avrebbe dovuto alleviargli i sintomi. L’evento vascolare, tuttavia, l’ha resa incapace di camminare.

Il desiderio di camminare ancora
Si può dire a una ragazza giovane che non potrà più camminare per il resto della sua vita? Probabilmente no perché, come è giusto che sia, a quell’età si ha ancora voglia di combattere, di credere, di sperare. Ecco il motivo per cui ha deciso di sfidare tutti gli esperti dicendo che sarebbe tornata a camminare. Per farlo, tuttavia, ha dovuto spendere soldi di tasca propria perché il servizio sanitario nazionale non avrebbe potuto darglieli.

Una sensazione di panico
«Quando mi è stato detto che non avrei camminato di nuovo, ho pensato che ero passata dalla possibilità di fare yoga al nulla, ricordo una sensazione di panico e paura, ma l'unica cosa che mi ha fatto ben sperare era che il dolore alla gola era andato via dopo l'operazione. Prima dell'intervento ero a malapena in grado di parlare a causa delle mie condizioni e questo è cambiato. Ho solo pensato di essere ancora qui e di poter avere le migliori cure. Quando sono uscita della terapia intensiva e mi sono resa conto di essere paralizzata, e lì è iniziata la vera paura», racconta Emmy.

15 anni di sofferenza
«Ho vissuto con il dolore per 15 anni: la patologia è nota come la malattia del suicidio perché è la condizione più dolorosa. L'unico modo per descriverlo è come se qualcuno ti spingesse un rompighiaccio nell'orecchio. Il dolore era nella gola, nelle orecchie e nel viso, arrivando al punto in cui non ero più in grado di deglutire e dovevo essere alimentata attraverso un tubo. Poichè non ero in grado di mangiare, stavo svanendo, ero arrivata a un peso incredibile, intorno ai 30 chilogrammi. Il dolore è fuori scala e come niente che tu abbia mai provato. Non potevo lavarmi i capelli o muovermi. Mi avrebbe fatto perdere conoscenza, sarei svenuta senza preavviso, quindi mia mamma o mia sorella avrebbero dovuto sempre essere pronte a sollevarmi dal pavimento», racconta Emmy.

Un ictus dopo l’operazione
Solo dopo l’operazione Emmy si è accorta che non poteva più muovere la parte sinistra del suo corpo. Un esame approfondito è riuscito a stabilire che aveva avuto un infarto midollare, ovvero un tipo di ictus molto raro. Questo ha portato i medici a dire che non avrebbe mai più potuto camminare. «Sembrava che avessero rinunciato a me, ho visto un fisioterapista solo due volte, non ho potuto ottenere finanziamenti, quindi ho dovuto pagare io stessa. Ho passato circa un anno in ospedale e dopo sei mesi ho fatto il mio primo passo, mi stavo esercitando in palestra ed è stato un momento così surreale, il mio fisico e io abbiamo iniziato a piangere».

Un tutore
Emmy poteva camminare solo per brevi tratti a causa dell’utilizzo di un tutore non idoneo. Ora famiglia e amici, tra cui la sorella Rebekha Macnicol 22 anni, e le amiche Sophie Marshall e Laura Torres, stanno cercando di raccogliere fondi per un tutore più leggero che le permetterebbe, forse, di camminare ed eliminare per sempre la sedia a rotelle. «Non sono sicura che potrò mai camminare senza il tutore, ma questo nuovo farebbe la differenza. Potrei indossare scarpe diverse, giocare con il mio cane e salire su per le scale, sono cose piccole che date per scontate. Non voglio che nessun altro debba passare attraverso quello che ho passato e voglio sensibilizzare sull'importanza dei finanziamenti per la riabilitazione. Voglio che le persone sappiano che c'è sempre speranza e non dovrebbero mai mollare, ho sempre cercato di mantenere un sorriso sul mio viso e la gente dice che diffondo la scintilla ovunque vada. Non provo amarezza o rabbia verso nessuno, come dico sempre a me stessa: avere coraggio ed essere gentile fa bene anche a me», conclude Emmy. Per chi volesse contribuire all’acquisto del tutore per Emmy, può fare una donazione volontaria in questa pagina web.