Tumore del rene: con l’immunoterapia si raggiunge un tasso di risposta globale del 40%
Risultati molto rilevanti. Il profilo di tollerabilità è migliore rispetto alle attuali alternative terapeutiche nel trattamento del tumore del rene metastatico

CHICAGO – Anche nel caso del tumore del rene metastatico, e nei pazienti mai trattati in precedenza (in prima linea) è risultata efficace l’immunoterapia. Lo dimostrano i risultati di un’analisi ad interim dalla Coorte A dello studio di fase II KEYNOTE-427 su 110 pazienti, presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), che ha valutato pembrolizumab, terapia immunoterapica anti-PD-1, nel trattamento di prima linea del carcinoma renale a cellule chiare (RCC) metastatico. I dati ad interim mostrano un tasso di risposta globale (ORR) del 38,2% nei pazienti che hanno ricevuto pembrolizumab in monoterapia in prima linea, endpoint primario dello studio.
La risposta globale
In un’analisi esplorativa prespecificata di sottogruppo, basata sullo stato di PD-L1, la risposta globale era pari al 50% nei pazienti i cui tumori esprimevano PD-L1 (CPS ≥ 1). In un’analisi esplorativa prespecificata di sottogruppo, basata sulle categorie di rischio secondo l’International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium (IMDC), la risposta globale era pari al 42% nei pazienti a rischio prognostico intermedio/sfavorevole.
Il trattamento di prima linea
Questa è la prima presentazione di dati di fase II per un anti-PD-1 in monoterapia nel trattamento di prima linea del carcinoma renale a cellule chiare metastatico. Questi risultati, così come altri dati dello studio, sono stati presentati al congresso annuale ASCO (Abstract #4500). Nel 2017 in Italia sono stati stimati 13.600 nuovi casi di tumore del rene (9.000 uomini e 4.600 donne), circa l’80% è costituto dal carcinoma a cellule chiare. «I dati di KEYNOTE-427 presentati oggi sono molto rilevanti – ha spiegato la prof.ssa Cora N. Sternberg, Direttore dell’Oncologia Medica presso l’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma – E’ il primo dato disponibile in prima linea con un singolo agente immunoterapico, pembrolizumab. L’efficacia in termini di risposta globale è molto promettente in tutta la popolazione, soprattutto nei pazienti con CPS ≥1 che mostrano un tasso di risposta globale pari al 50%. Questo studio ha inoltre arruolato tutte le categorie dei pazienti secondo la classificazione IMDC e le risposte si sono viste in tutti i gruppi. Il profilo di tollerabilità di pembrolizumab appare migliore rispetto alle attuali alternative terapeutiche. Sono dati considerevoli anche in termini di razionalizzazione delle risorse: l’utilizzo di un singolo agente immunoterapico efficace e ben tollerato è meno costoso rispetto alle combinazioni di farmaci. E’ importante validare i dati promettenti di questo studio di fase 2 con uno studio di fase 3 randomizzato».
Soddisfatti dei risultati
«Siamo soddisfatti dei risultati promettenti di pembrolizumab da KEYNOTE-427, il primo studio di fase II che ha valutato un anti-PD-1 in monoterapia in prima linea nei pazienti con carcinoma renale a cellule chiare – ha aggiunto il dott. Roy Baynes, senior vice president and head of global clinical development, chief medical officer, Merck Research Laboratories – Questi risultati supportano gli studi di pembrolizumab in prima linea e attendiamo l’evoluzione di quelli in corso sul carcinoma a cellule renali con pembrolizumab sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci». MSD possiede un esteso programma di sviluppo clinico sul carcinoma a cellule renali e sta procedendo con molteplici studi registrativi potenziali con pembrolizumab, in monoterapia e in combinazione con altri trattamenti, tra cui KEYNOTE -564, KEYNOTE -426 e KEYNOTE -581.
Lo studio Keynote -427
Nello studio KEYNOTE-427 sono stati arruolati 275 pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato in due coorti: pazienti con carcinoma renale a cellule chiare (Coorte A) e pazienti con carcinoma renale non a cellule chiare (Coorte B). I pazienti in entrambe le coorti hanno ricevuto pembrolizumab (200 mg in dose fissa per via endovenosa ogni tre settimane) fino a progressione della malattia, tossicità inaccettabile o fino a un massimo di 24 mesi nei pazienti che non mostravano progressione della malattia.
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