1 dicembre 2024
Aggiornato 21:00
Come si sviluppa l'Alzheimer

Alzheimer, scoperto il ruolo chiave dell'infiammazione

Nello sviluppo della malattia di Alzheimer pare ci sia una infiammazione sottostante di bassa intensità ma costante

Alzheimer
Alzheimer Foto: Shutterstock

GERMANIA – Ricercatori dell'Università di Bonn in Germania hanno scoperto che dietro all'insorgere della malattia di Alzheimer gioca un ruolo chiave l'infiammazione. Questa, anche se si bassa intensità, è presente in modo costante. E, a quanto pare, è proprio questa situazione a fare la differenza nella formazione delle placche di beta amiloide, la proteina che si forma attorno ai neuroni cerebrali e che è ritenuta una delle principali cause dell'Alzheimer – nonché un noto biomarcatore.

Il ruolo del sistema immunitario
Vi sarebbero dunque alcuni processi biomolecolari chiave nel processo di sviluppo della malattia. Processi che sono direttamente collegati all'attività del sistema immunitario e la risposta infiammatoria. Lo studio, pubblicato su Nature, traccia un parallelo tra l'infiammazione indotta dalla risposta immunitaria e la formazione di beta amiloide. Nello specifico, gli scienziati ritengono che nei pazienti con Alzheimer le proteine beta amiloidi che si accumulano formano le cosiddette placche. Queste, insieme alle fibrille prodotte da un'altra proteina, danneggia i neuroni in un processo di degenerazione costante e progressiva.

Individuati i meccanismi molecolari
Gli scienziati ritengono ormai da diverso tempo che i processi infiammatori organici abbiano un ruolo nella deposizione delle placche amiloidi. Tuttavia, a oggi non era stato possibile individuare i meccanismi molecolari coinvolti. Grazie allo studio condotto su modello animale dal team di ricerca guidato dal dottor Michael T. Heneka si è dimostrato come il contatto delle cellule che formano il sistema di difesa immunitario all’interno del cervello, o microglia, con sostanze che in genere non provocano problemi di infiammazione, può a volte scatenare una risposta anomala o appunto infiammatoria. In particolare, i ricercatori hanno osservato che l’adesione a una cellula della microglia di una qualche proteina pro-infiammatoria può attivare al suo interno l’inflammosoma, un complesso multiproteico che ha al suo centro la proteina NLRP3. Quest'ultima è una sorta di 'sensore' intracellulare in grado di individuare sostanze biochimiche anomale, che a sua volta attiva l'enzima caspasi. Oltre a ciò si attiva la sintesi e il rilascio al di fuori della cellula della proteina ASC (apoptosis-associated speck-like protein with a CARD).

Induce il suicidio
Il rilascio della proteina ASC favorisce l’apoptosi, ossia il suicidio della cellula che l’ha sintetizzata, nelle cellule che non fanno parte del sistema immunitario. Questo però non accade nelle cellule della microglia. Una volta che sia stata rilasciata, la proteina ASC esercita una duplice azione: facilita l’aggregazione in placche delle proteine beta amiloidi e stimola un’ulteriore riposta infiammatoria da parte delle altre cellule della microglia – un processo simile a quello che avviene con le interleuchine prodotte grazie alla caspasi-1. Accade così che nel cervello si viene a creare uno stato di costante infiammazione che, sebbene sia di bassa entità, a lungo andare provoca seri danni.

Ridotte le placche amiloidi
In questo studio il dottor Heneka e colleghi sono anche stati in grado di ridurre la deposizione di placche amiloidi nei topi predisposti alla loro produzione. Questo si è osservato sia nei topo privati del gene preposto alla produzione della proteina NLRP3, sia somministrando anticorpi specificamente diretti contro la proteina ASC. I risultati, secondo gli autori, evidenziano due nuovi possibili bersagli terapeutici che potranno essere considerati nel processo di ricerca di una cura di questa grave malattia neurodegenerativa che, ogni anno, è causa di milioni di nuovi casi in tutto il mondo.