19 aprile 2024
Aggiornato 18:30
Tbc e diagnosi

Tubercolosi, un test rapido per diagnosticare la malattia dalle urine

Dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) arriva il test per la Tbc, simile a quelli di gravidanza, che sarà disponibile rapidamente

Tbc test
Tbc test Foto: Shutterstock

ROMA – Ottenere diagnosi modo più semplice e rapido, questo l'obiettivo del test delle urine, simile a quelli per la gravidanza, per poter identificare e misurare i componenti del batterio responsabile della tubercolosi. Lo fa sapere l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) in un comunicato in cui si evidenzia i risultati del lavoro 'Urine lipoarabinomannan (LAM) glycan in HIV negative patients with pulmonary tuberculosis correlates with disease severity' pubblicato ieri sulla rivista Science Translational Medicine. Lo studio è frutto di una collaborazione internazionale fra l’Istituto Superiore di Sanità, la George Mason University e altre istituzioni in USA, Australia, Perù e UK.

Basta un poco di urina
Lo studio dell'ISS dimostra come sia possibile misurare nelle urine dei pazienti affetti da Tubercolosi (TBC) alcuni dei componenti strutturali o secretori del Mycobacterium tuberculosis (Mtb), il batterio responsabile della TBC. Tutto questo è possibile con elevata sensibilità e specificità grazie a delle innovative nanoparticelle. Un risultato che riduce i tempi di diagnosi, migliora la precisione, riduce l’invasività delle analisi, si legge nel comunicato. «Le condizioni ottimali per l’esecuzione del test sono già state messe a punto e, in particolare, è stato realizzato un prototipo di test rapido simile a un test di gravidanza, che permette di determinare differenti biomarcatori di infezione tubercolare – spiega Roberto Nisini Primo Ricercatore del Dipartimento Malattie Infettive (Immunologia) dell’ISS e tra i responsabili dello studio – Si può quindi prevedere un rapido trasferimento della tecnologia alla pratica clinica che contribuisce a colmare un gap diagnostico e offre nuove prospettive nel controllo della TBC, particolarmente utile nei Paesi in via di sviluppo in cui un test semplice, economico e non invasivo come quello proposto potrebbe contribuire alla limitazione della diffusione della TBC e al controllo dell’efficacia della terapia».

Gli attuali test hanno delle limitazioni
Gli attuali metodi diagnostici per lo screening della TBC (test di Mantoux o il test IGRA), spiega la nota dell'ISS, sono basati sulla valutazione della risposta immunitaria del paziente e hanno delle limitazioni: l’impossibilità di discriminare le forme attive di TBC dalle infezioni tubercolari latenti, la scarsa efficacia in caso di immunodeficienze, la bassa specificità per il test Mantoux e l’alto costo per il test IGRA. D’altra parte, l’identificazione diretta del batterio è possibile solo nelle forme di TBC polmonare aperte bacillifere e la coltura del batterio, quando necessaria, richiede vari giorni prima della risposta. I test molecolari possono ridurre i tempi diagnostici nelle forme di TBC con espettorato positivo, ma possono essere eseguiti solo dopo interventi invasivi nelle forme di TBC diverse dalla polmonare.

La rivoluzione delle nanoparticelle
La ricerca, al cui finanziamento ha contribuito fra gli altri il Ministero della Salute con un progetto di Ricerca Finalizzata e la Bill & Melinda Gates Foundation, si basa sull’utilizzo di nanoparticelle, sviluppate dalla Dr. Luchini nei laboratori della GMU, capaci di catturare con alta efficienza costituenti microbici con diverse strutture chimiche, fra cui i glicani e le proteine. Con l’utilizzo di queste nanoparticelle è stato possibile concentrare e proteggere dalla degradazione alcuni costituenti strutturali del Mtb, come il lipoarabinomannano, o secreti, come la proteina ESAT-6, che sono rilasciati nei liquidi biologici e (nelle urine in particolare) di tutti i soggetti con TBC, indipendentemente da un’eventuale co-infezione con HIV. I risultati dimostrano che la rilevazione di tali componenti è diagnostica per TBC e che esiste una correlazione tra la quantità di LAM misurata nelle urine e la severità della malattia. «La potenzialità di tali nanoparticelle di concentrare e conservare molecole nei liquidi biologici anche quando sono presenti in bassissime dosi – conclude Nisini – ci è apparsa estremamente utile per poter migliorare la diagnosi di alcune malattie infettive».
La possibilità di produrre nanoparticelle capaci di concentrare prodotti microbici o virali di diversa natura chimica, apre poi la strada per la possibile messa a punto di strumenti diagnostici innovativi anche per altre patologie infettive acute o croniche che siano più rapidi, economici e specifici di quelli attualmente a disposizione.