19 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Batteri resistenti

Resistenza antibiotici, Klebsiella Pneumoniae killer. Italia maglia nera d'Europa per le infezioni

Un uso dei farmaci antibiotici inappropriato anche da parte dei medici, e non solo dalle persone, ha reso l'antibiotico-resistenza un problema sempre più grande. All'Italia la maglia nera in Europa

Resistenza agli antibiotici
Resistenza agli antibiotici Foto: Shutterstock

ROMA – Sono purtroppo molti ormai i batteri divenuti resistenti agli antibiotici. Ma, tra questi, ve ne sono alcuni considerati più pericolosi di altri. Uno di questi è il KPC, ossia il Klebsiella Pneumoniae Carbapenemasi-produttrice. È un super batterio ed è considerato un vero e proprio killer in quanto, in oltre il 50% dei casi, è ormai resistente a tutti gli antibiotici, inclusi i carbapenemi, l'ultimo baluardo, e rende di fatto disarmati gli infettivologi. Ma, come detto, sono un vero e proprio plotone i batteri resistenti che stanno dilagando nel nostro Paese: Pseudomonas aeruginosa, MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) ed Enterococco resistente, tra gli altri.

Maglia nera
L'Italia si tristamente conquistata la maglia nera per l'incidenza delle infezioni resistenti, con una diffusione superiore alle medie europee per alcuni dei principali superbatteri, che dagli ospedali si stanno diffondendo anche alle residenze per anziani e alle case di riposo. Il rischio è quello di entrare in un'era post-antibiotica dove anche infezioni banali mettono a rischio la vita. L'emergenza non è solo italiana ma globale: l'antibiotico-resistenza, insieme ai cambiamenti climatici e alla salute di genere, è stata una delle tre priorità al centro del G7 dei Ministri della Salute che si è svolto nei giorni scorsi a Milano.

Il piano di contrasto ai batteri killer
Il Piano Nazionale di Contrasto all'Antimicrobico-Resistenza (PNCAR), lanciato dal Governo agli inizi di settembre e ispirato all'approccio 'One Health', con il coinvolgimento di tutti i settori interessati (medicina umana, veterinaria, ricerca, zootecnia ecc.) è stata la prima risposta organica, attesa da anni, ma da Santa Margherita Ligure, in vista dell'European Antibiotic Awareness Day in programma domani 18 novembre, i maggiori infettivologi italiani, riuniti per l'International Meeting on Antimicrobial Chemotherapy in Clinical Practice, lanciano l'allarme: se non si intensificano gli sforzi, se non si destinano risorse adeguate, se si pongono troppi vincoli all'uso di nuovi antibiotici, se medici e pazienti non si impegnano a usare gli antibiotici in modo appropriato, i programmi potrebbero non bastare a fermare l'avanzata dei superbatteri.

Un uso inappropriato anche negli ospedali
Negli ospedali dell'UE, fino al 50% degli antibiotici vengono usati in modo eccessivo o inappropriato. In Europa, il consumo di antibiotici specifici per il trattamento delle infezioni multiresistenti è raddoppiato nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014. L'Italia è uno dei Paesi dove si registra il maggior consumo di antibiotici (27,8 dosi ogni 1.000 abitanti al giorno). Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), agli attuali tassi di incremento delle antibiotico-resistenze da qui al 2050, i 'superbug' saranno responsabili di almeno 10 milioni di decessi annui diventando la prima causa di morte per il mondo. Già oggi In Europa, si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano 25.000 decessi. Globalmente, sono circa 700.000 i decessi dovuti alle infezioni resistenti. In Italia le infezioni correlate all'assistenza o intra-ospedaliere colpiscono ogni anno cica 284.000 pazienti (dal 7% al 10% dei pazienti ricoverati) causando circa 4.500-7.000 decessi. Proprio in occasione della Giornata Europea degli Antibiotici, due importanti società scientifiche europee, ESCMID (European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases) e ESICM (European Society of Intensive Medicine), hanno lanciato ANTARCTICA (ANTimicrobiAl Resistance CriTIcal CAre), una vera e propria Alleanza europea contro le antibiotico-resistenze nelle terapie intensive. La call to action rivolta a tutti gli specialisti è quella di utilizzare meglio gli antibiotici in questo specifico setting, migliorare le tecniche di diagnosi e cura, cercando di avere più dati microbiologici per capire quali siano i germi che circolano nelle strutture ospedaliere, e promuovere nuovi studi clinici condotti specificatamente sull'uso dei nuovi antibiotici nelle terapie intensive.

I soggetti più a rischio
Due in particolare le situazioni di rischio: la prima è rappresentata dalle Unità di Terapia intensiva, contesto sanitario ad alta concentrazione di uso di antibiotici e nel quale i pazienti sono più suscettibili di infezioni resistenti. L'altro scenario di crisi è rappresentato dalle strutture per lungodegenti o case di riposo, dove si crea l'habitat perfetto per la resistenza microbica a causa dell'affollamento, dell'uso massiccio di antibiotici e della scarsa infection control. Alcuni dati mostrano che nelle RSA i pazienti siano portatori di germi resistenti in oltre il 50% dei casi.
Ma anche al di fuori delle strutture sanitarie, ospedaliere ed extra-ospedaliere, la situazione inizia a farsi preoccupante. In Italia vi è una prevalenza tra il 10-15% di Enterobatteri tipo ESBL che causano infezioni urinarie. Una donna su dieci con una cistite, una delle infezioni più frequenti in assoluto, la potrebbe potenzialmente acquisire da un germe resistente sul quale i comuni antibiotici non funzionano più.

Rispondere all'attacco dei batteri
Per rispondere alla massiccia offensiva dei superbatteri, e in particolare del superbatterio killer KPC, SITA ha messo a punto le prime Linee Guida - pubblicate come expert opinion su Clinical Microbiology and Infection - che forniscono alcuni suggerimenti su come gestire al meglio le infezioni dal punto di vista della prevenzione e della terapia. Oltre all'importanza di controllare i fattori di rischio - attraverso isolamento dei pazienti infetti, igienizzazione di mani, attrezzature e ambienti sanitari - le Linee Guida sottolineano la necessità di trattare queste infezioni con cocktail di antibiotici diversi, nell'auspicio che almeno uno funzioni e in modo che comunque si potenzino uno con l'altro.

L'Italia in ritardo
«Il nostro Paese ha reagito tardivamente al problema delle antibiotico-resistenze ed è stato richiamato ufficialmente dal Centro Europeo per il Controllo delle malattie (ECDC). Il programma PNCAR, appena varato, è un importante passo in avanti, con obiettivi molto precisi e ambiziosi, senza però che siano specificate le modalità economiche per ottenerli – afferma Claudio Viscoli, Presidente della Società Italiana di Terapia Antinfettiva, SITA e Direttore Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova IRCCS San Martino IST – SITA è in prima linea per contrastare l'abuso e l'uso non corretto degli antibiotici, prima causa delle antibiotico-resistenze: fino a oggi ci siamo concentrati soprattutto sui cittadini con la campagna Antibiotici-La nostra difesa numero uno, e adesso ci rivolgiamo anche ai medici prescrittori, perché sappiamo che di antibiotici se ne prescrivono troppi senza necessità».

Un uso consapevole
La strada maestra che SITA promuove fa leva sull'uso consapevole e appropriato degli antibiotici secondo i principi dell'antimicrobial stewardship. Ai medici e al personale sanitario si raccomanda, in accordo con le indicazioni dell'OMS, di seguire sempre i protocolli per la prevenzione delle infezioni, a partire dal lavaggio delle mani, avvalersi delle risorse diagnostiche per prendere decisioni informate di trattamento (quando possibile), e soprattutto prescrivere gli antibiotici solo quando necessari, in accordo con le attuali linee guida. Sul fronte delle terapie, qualche buona notizia non manca: dopo anni di stasi le aziende farmaceutiche sono tornate ad investire in questa area terapeutica. Nuove molecole si sono già rese disponibili, altre lo saranno prossimamente. Sono già stati autorizzati due nuovi farmaci attivi, rispettivamente, contro i microorganismi Gram-positivi e Gram-negativi.