19 aprile 2024
Aggiornato 22:30
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SLA, una proteina «predice» l’aggravarsi della malattia. La scoperta italiana

Un team di ricercatori di Torino ha scoperto che la proteina C-reattiva può predire l’aggravarsi della malattia, dando così la possibilità di stimare l’indice di sopravvivenza e aprire le porte verso nuovi trattamenti

Sla, la proteina C-reattiva potrebbe avere un ruolo
Sla, la proteina C-reattiva potrebbe avere un ruolo Foto: Shutterstock

TORINO – Quando si tratta di malattie gravi e ancora incurabili ogni nuova scoperta è ben accetta. È il caso della Sclerosi Laterale Amiotrofica, o Sla, dove un team di ricercatori del Centro Clinico NeMO in collaborazione dell’Ospedale Molinette di Torino ha scoperto che c’è una proteina che può predire l’aggravarsi della malattia, dando così la possibilità di stimare l’indice di sopravvivenza e aprire le porte verso nuovi trattamenti.

Basta un po’ di sangue
I ricercatori hanno trovato che si può pensare di prevedere in anticipo l’aggravarsi della Sla in un paziente, con un semplice prelievo di sangue. Allo stesso modo, si potrebbe addirittura stimare l’indice di sopravvivenza. Tutto questo è il risultato di uno studio pubblicato su Jama Neurology, in cui gli scienziati hanno preso in esame la proteina C reattiva, che ritengono «potrà diventare strumento per predire precocemente la prognosi della malattia».

Il ruolo della proteina
La proteina C-reattiva è nota per il suo ruolo nei processi infiammatori, ed è spesso oggetto di analisi cliniche prescritte dal medico. «Questa proteina è normalmente prodotta dal fegato e dal grasso corporeo – spiegano i ricercatori – Nella fase più acuta di alcune patologie, nei processi infiammatori e dopo gli interventi chirurgici è prodotta in misura superiore al normale, raggiungendo così una maggiore concentrazione nel sangue».

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Aumenta con lo stress
C’è un filo che lega la proteina C-reattiva e lo stress. «In generale, l’aumento di questa sostanza nel sangue è associato a situazioni in cui l’organismo è sottoposto a forti stress», sottolineano gli autori dello studio, in cui è stata individuata la stretta relazione tra l’aggressività della Sla nei diversi pazienti, la presenza di un grave processo infiammatorio organico e alte concentrazioni di proteina C-reattiva nel sangue. «Ad alti livelli di questa proteina corrisponde un quadro clinico del paziente più grave – confermano i risultati dello studio – e che la sopravvivenza alla malattia in questi pazienti era più breve».

Nuovi trattamenti?
La Sla è tanto rata quanto drammatica, sia per come si evolve la malattia che per l’impossibilità di essere curati. Ma queste scoperte potranno un giorno permettere di trovare una cura. «Capire il ruolo dell’infiammazione nella progressione della malattia – sottolinea il dott. Christian Lunetta, neurologo e primo autore dello studio – sarà fondamentale per i ricercatori che stanno lavorando a possibili terapie per il trattamento della Sla, perché proprio la modulazione dei suoi processi neuroinfiammatori potrà diventare una strategia terapeutica interessante da sviluppare. E’ importante però ricordare che si tratta ancora di una ricerca e non di una terapia disponibile nell’attività clinica quotidiana, passo per il quale potrebbero essere necessari alcuni anni».