Resistenza agli antibiotici, è ormai un grave problema per l’Italia
L’Italia e l’Europa hanno un grave problema: gli antibiotici sono sempre meno efficaci. Il che si traduce in un grande rischio di morte per chi sia colpito da un’infezione da un certo numero di batteri. Il rapporto dell’Efsa e dell’Ecdc

ROMA – Batteri sempre più agguerriti, tanto che ormai rischiano di divenire incontenibili e le loro infezioni inguaribili. Non è la trama di un film orrifico ma cruda realtà. Ed è quanto emerge dall’ultimo rapporto elaborato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) dal titolo ‘The European Union summary report on antimicrobial resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2015’.
Decine di migliaia di morti
Se prima delle migliorate condizioni igieniche e della scoperta della penicillina le infezioni causavano molte morti, con il tempo queste sono andate via via calando. Ma poi, a un certo punto, le cose hanno iniziato a precipitare e prendere il cammino contrario: i batteri hanno preso le loro contromisure e hanno cominciato a sviluppare resistenza ai trattamenti, riuscendo così a sopravvivere e moltiplicarsi. Il risultato è che un’infezione di questo genere non si riesce più a curare e la persona che la contrae in genere muore. E così si è arrivati a oggi, dove «le infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici provocano almeno 25 mila decessi all’anno nell’Unione Europea», come si legge nel rapporto che riporta i risultati dell’analisi dei dati provenienti dai 27 Stati membri per l’anno 2015. L’analisi ha preso in considerazione la resistenza agli antibiotici da parte dei batteri di Escherichia Coli e Salmonella sia negli umani che in animali come suini e ovini.
La resistenza agli antibiotici negli animali ci tocca da vicino
Si potrebbe essere indotti a pensare che la resistenza agli antibiotici negli animali sia un qualcosa che non ci riguarda: un ‘problema loro’. Ma non è così, dato che questo fenomeno è causa di pericolose epidemie, dell’uso sempre più massiccio di farmaci che poi, volenti o nolenti, ci ritroviamo per esempio nella carna che mangiamo – cosa che va a ulteriormente ad alimentare la resistenza anche negli essere umani. A tal riguardo nel rapporto si evidenzia come sia stata osservata per la prima volta una resistenza agli antibiotici carbapenemici, nei batteri E. coli rinvenuti in suini e carne di maiale. Anche se si tratta di una resistenza per ora limitata, è da considerare comunque un campanello d’allarme da non sottovalutare. Non tutti sanno infatti che i carbapenemi sono di solito l’ultima spiaggia quando si cerca di fermare un’infezione e gli antibiotici non hanno sortito alcun effetto.
La salute umana in pericolo
La presenza di resistenza negli animali non è dunque da prendere sotto gamba, e in modo indiretto contribuisce anch’essa a minacciare la salute e la vita umana. «La resistenza agli antimicrobici è una minaccia allarmante che mette in pericolo la salute umana e animale – ha ribadito Vytenis Andriukaitis, Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare – per questo abbiamo messo in campo notevoli sforzi per arrestarne l’aumento, ma ciò non basta. Dobbiamo essere più veloci, più forti e agire su parecchi fronti».
Il triste primato dell’Italia
Se la situazione sta divenendo sempre più critica in tutto il mondo e in Europa, in Italia non siamo da meno. Anzi. Per esempio è ormai assodato che proprio il nostro Paese è tra i maggiori consumatori di antibiotici in Europa – sia a uso veterinario che umano. E come spesso ricordato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, manca ancora un Piano Nazionale per il contrasto all’antibiotico resistenza. Il rapporto elaborato dall’European Surveillance of Antimicrobial Consumption Network (Esac-Net) mostra che in Italia ci attestiamo a 27,5 DDD/die (Dose Definita Giornaliera ogni 1.000 abitanti) e siamo in compagnia di Belgio, Francia, Cipro, Romania e Grecia (con 36,1 DDD/die). La media europea è di 22,4 DDD/die, mentre i Paesi Bassi sono i minori consumatori di antibiotici con poco più di 10,7 DDD/die.
Quali antibiotici
Secondo quanto emerso nel rapporto e mostrato nell’infografica interattiva elaborata da EFSA e ECDC, in Italia già 3 antibiotici a uso umano hanno dimezzato il loro effetto nelle cure. Nello specifico sono: l’ampicillina (54,9%), le tetracline (50,7%) e il sulfametossazolo (49,7%). Gli italiani hanno sviluppato «fino al 10% la resistenza per gli antimicrobici usati per curare la Salmonella ed è salita al 60% la resistenza agli antimicrobici criticamente importanti (fluorochinoloni e macrolidi) usati per combattere il Campylobacter coli». La campilobatteriosi è poi risultata la malattia veicolata da alimenti più comunemente riferita nell’UE.
Allo stesso modo è risultata ormai sopra i limiti l’antibiotico-resistenza ai ceppi di Salmonella, che è stimata fino al 44% per l’ampicillina negli animali di allevamento a partire dai suini, e nella misura del 63,7% per l’Escherichia coli.
Siamo anche i ‘più resistenti’
Se già deteniamo la maglia nera come Paese tra quelli con il più cospicuo numero di consumo di antibiotici in Europa, noi italiani siamo anche i ‘più resistenti’, e non si tratta di un merito. Infatti, «in Italia la resistenza agli antibiotici si mantiene purtroppo tra le più elevate in Europa e quasi sempre al di sopra della media europea», come riporta il rapporto 2015 sulla sorveglianza dell’antibiotico-resistenza dell’Istituto superiore di sanità (Ar-Iss). «Un uso cauto degli antibiotici in medicina umana e veterinaria è estremamente importante per far fronte alla sfida che la resistenza agli antimicrobici pone – ha dichiarato all’Agi Mike Catchpole, direttore scientifico dell’ECDC – tutti noi abbiamo la responsabilità di garantire che gli antibiotici continuino a essere efficaci».
Ridurre l’abuso di antibiotici
Di fronte a queste cifre e alla situazione d’allarme ormai evidente, diviene sempre più chiaro che è necessario ridurre l’uso degli antibiotici. A tal proposito anche l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha lanciato una nuova Campagna di sensibilizzazione. L’Efsa ricorda altresì come sia necessario, anche negli animali da reddito ridurre l’uso di antimicrobici. Diviene così necessario «sostituirli ove possibile e ripensare il sistema di produzione del bestiame, fondamentale per il futuro della salute animale e di quella pubblica». Gli esperti ricordano, a chi non se ne sia reso ancora conto, che entro il 2050 le infezioni resistenti agli antibiotici sono candidate a divenire la prima causa di morte al mondo, superando le morti per cancro.
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