Pistacchi e diabete, ecco come ci proteggono
Gli effetti dei pistacchi sul diabete e la sindrome metabolica. Intervista al dott. Cesare Berra, Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio. Responsabile del servizio di Diabetologia presso l’Humanitas Research Hospital
ROMA – La gustosa frutta secca a guscio non trova posto soltanto nella hit-parade degli snack più golosi, ma anche nella classifica degli alimenti funzionali, cioè quelli dotati anche di virtù «mediche». È il caso degli effetti dei pistacchi nel controllo del diabete e sul metabolismo glucidico anche in chi soffre di sindrome metabolica. Per saperne di più ecco l’intervista al dott. Cesare Berra, Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio. Responsabile del servizio di Diabetologia presso l’Humanitas Research Hospital.
Dottor Berra, quali sono le proprietà del pistacchio a livello nutrizionale che possono incidere sul metabolismo glucidico sia nelle persone con sindrome metabolica che in quelle con diabete di tipo 2?
«Il controllo del metabolismo glucidico risente di numerosi fattori genetici, ambientali, ormonali, farmacologici e nutrizionali – spiega il dottor Berra – In letteratura si è da sempre cercato di individuare quali fossero i principi, gli elementi più importanti che potessero contribuire al miglior controllo della glicemia. Ovviamente non si è riusciti a individuare un solo alimento che avesse effetto positivo, ma nel corso degli anni e grazie a numerosi studi scientifici si è quanto meno riusciti a riconoscere nella dieta mediterranea il migliore approccio non farmacologico nella prevenzione del rischio cardiovascolare (CV). Ricordo infatti che il diabete e l’iperglicemia rappresentano già un fattore di rischio indipendente per malattie cardiache e cerebrali (stroke), pertanto qualsiasi approccio alla patologia metabolica che abbia un effetto sulla riduzione di tale rischio si rivela corretto».
«Nell’ambito della dieta mediterranea – prosegue Berra – il consumo di frutta secca comporta un aiuto nella gestione del rischio cardiovascolare, grazie al suo contenuto di acidi grassi polinsaturi e, nei pistacchi in particolare, anche di elementi antiossidanti, vitamine, minerali e fibre oltre che oligoelementi come magnesio e selenio, elementi che intervengono nell’omeostasi glucidica e nel ridurre il fenomeno di insulino-resistenza, cardine dello sviluppo della patologia metabolica».
Ci può spiegare come l’assunzione dei pistacchi può incidere sul livello di glucosio e il loro meccanismo d’azione?
«I meccanismi sembrerebbero essere molteplici – sottolinea il dottor Berra – Gli studi ipotizzano che da una parte un’assunzione cronica di pistacchi sembra diminuire la glicemia postprandiale (importante fattore di rischio cardiovascolare), l’insulinemia e la glicemia basale, riducendo così l’insulino-resistenza grazie anche a un incremento del GLP-1, ormone importante nella regolazione della secrezione insulinica glucosio-indotta. Dall’altra la presenza di fibre proprie del pistacchio riduce l’assorbimento del glucosio a livello intestinale. Inoltre gli effetti antiossidanti e antinfiammatori possono giocare anch’essi un ruolo nel metabolismo glucidico o quanto meno nel ridurre il rischio cardiovascolare».
Perché scegliere proprio i pistacchi tra le altre varietà di frutta secca a guscio?
«Per il loro ridotto contenuto di grassi rispetto a noci e nocciole (il 60% dei quali è composto da acido oleico e linoleico, noti per gli effetti di prevenzione sul rischio cardiovascolare), la presenza di proteine vegetali (tra cui L-arginina), il loro maggiore contenuto di fibre (sia solubile che insolubile) e anche di potassio, Vitamina K e fitosteroli a fronte di un ridotto apporto energetico in termini di calorie».
Bibliografia
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