29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Da SIP e SIPPS la prima Consensus sulla vitamina D

Vitamina D troppo bassa per 6 bambini su 10. I pediatri: «Troppo tempo chiusi casa, bisogna prendere sole»

I pediatri della SIP e SIPPS lanciano l’allarme, tra il 50 e il 70 per cento dei bambini italiani ha una carenza di vitamina D. La causa? Un’insufficiente esposizione alla luce solare.

ROMA – I pediatri della Società Italiana di Pediatria (SIP) e dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e sociale (SIPPS), in collaborazione con la Federazione Medici Pediatri (FIMP) hanno promosso la prima Consensus sulla vitamina D in età pediatrica, il primo documento del genere nel nostro Paese. Questo fornisce le raccomandazioni mirate alla prevenzione dell’ipovitaminosi D in età pediatrica, individuando i soggetti a rischio e indicando le modalità di profilassi/trattamento.

Alto rischio malattie
«La principale novità del documento è rappresentata dalle recenti acquisizioni scientifiche relative alle azioni extrascheletriche della vitamina D nel bambino e nell’adolescente – spiega Giuseppe Saggese, Presidente della Conferenza Permanente dei Direttori delle scuole di specializzazione in Pediatria e coordinatore e scientifico della Consensus – Sino a ora sapevamo che la vitamina D previene malattie dell’apparato osseo, come il rachitismo e l’osteoporosi, perché favorisce nell’organismo i processi di assorbimento del calcio, elemento costitutivo dell’apparato scheletrico».

Un ruolo protettivo
«Nuove evidenze – prosegue il dott. Saggese – suggeriscono che la vitamina D ha un ruolo positivo in alcune patologie autoimmuni, come il diabete mellito 1 e l’artrite idiopatica giovanile, ma anche nell’asma, nel broncospasmo e nelle infezioni respiratorie ricorrenti. Alcuni studi hanno messo in luce che i bambini con queste infezioni hanno livelli più bassi di vitamina D e si è visto anche che la vitamina D ne migliora il decorso. Si tratta di letteratura recente ancora oggetto di approfondimento, ma i risultati sono incoraggianti e aprono nuove prospettive di utilizzo della vitamina D. In attesa di dati definitivi i pediatri devono comportarsi usando i principi del buonsenso e facendo riferimento alle raccomandazioni della Consensus».

Una grave carenza
Nonostante vi siano diverse evidenze sui benefici della vitamina D, la maggior parte dei bambini italiani ne è carente. «L’ipovitaminosi D, condizione che va dall’insufficienza al deficit di vitamina D, riguarda oltre un bambino su due – sottolinea il Presidente SIP Giovanni Corsello – con punte massime in epoca neonatale e nell’adolescenza, dove si arriva a percentuali del 70%».

Quali i soggetti a rischio?
A essere a rischio sono coloro che si espongono in modo insufficiente alla luce solare. Gli esperti ricordano che proprio il sole è la principale fonte di approvvigionamento della vitamina D. Il nostro organismo infatti la produce proprio attraverso la sintesi cutanea indotta dall’esposizione ai raggi solari. «Gioco e attività fisica all’aria aperta dovrebbero essere maggiormente incoraggiati soprattutto durante la bella stagione, anche perché da novembre a febbraio l’inclinazione dei raggi ultravioletti è insufficiente a favorire la produzione di vitamina D – spiega il dott. Corsello – Il consiglio è rivolto soprattutto agli adolescenti che registrano i deficit più elevati di vitamina D anche a causa di stili di vita errati, come passare molte ore chiusi in casa davanti al computer o alla tv e non fare attività fisica».

Una corretta informazione anche per le neomamme
E’ importante anche sapere che l’allattamento al seno esclusivo prolungato, senza supplementazione di vitamina D, è un fattore di rischio. Questo perché il latte materno non contiene quantità sufficienti di vitamina D, pur essendo l’alimento ideale per il neonato. A rischio sono anche i bambini obesi perché il tessuto adiposo «sequestra» la vitamina D. e, infine quelli con la pelle scura perché questa non permette ai raggi solari di filtrare. Tutti temi, questi, che i pediatri non trascurano vista la sempre più elevata componente di bambini migranti.

Le conseguenze dell’ipovitaminosi D
Nel neonato la vitamina D, previene il rachitismo carenziale. «Nel bambino e nell’adolescente la vitamina D, così come il calcio e l’attività fisica, ha un impatto positivo sui processi di acquisizione della massa ossea – fa notare Giuseppe Di Mauro Presidente SIPPS – Un individuo raggiunge il suo livello più elevato di massa ossea intorno ai 20 anni: tanto maggiore è il picco tanto minore è la probabilità di andare incontro all’osteoporosi nelle età successive della vita, soprattutto dopo la menopausa. I bambini italiani mediamente non arrivano al 50% del fabbisogno giornaliero di calcio. Pediatri e genitori devono incoraggiarli di più a fare colazione con una bella tazza di latte, un’abitudine italiana da difendere».

Le raccomandazioni
- Primo anno vita: la Consensus raccomanda la profilassi con vitamina D per tutti i neonati per tutto il primo anno di vita, indipendentemente dall’allattamento. Infatti né il latte materno né quello in formula (anche se addizionato) riescono a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina D. Per raggiungerlo si dovrebbe consumare un litro di latte in formula al giorno, quantità alla quale il bambino arriva solo quando è prossimo allo svezzamento. La profilassi è inoltre raccomandata a tutte le donne in gravidanza o che allattano.

- Da 1 a 18 anni la profilassi giornaliera è raccomandata solo nei soggetti a rischio: bambini di etnia non caucasica ed elevata pigmentazione, con ridotta esposizione solare, che seguono regimi alimentari inadeguati come la dieta vegana, bambini con insufficienza renale o epatite cronica, obesi, affetti da malattie infiammatorie croniche o da celiachia.