Perché bere bibite zuccherate, alla lunga, fa davvero male
Bere bibite dolcificate, sia con zucchero che fruttosio, aumenta il rischio non solo di diabete, ma anche di malattie cardiache, cardiovascolari e ictus
BOSTON – A mettere in guardia dai danni «da zucchero» sono già stati in molti. C’è anche chi ha paragonato lo zucchero a una droga pesante. Oggi, un nuovo studio suggerisce che bere bevande dolcificate con zucchero o fruttosio aumenta il rischio non solo di diabete, ma anche di malattie cardiache, cardiovascolari e ictus.
Zuccheri e malattie
Le bevande dolci, o comunque dolcificate con saccarosio (zucchero), glucosio o fruttosio sono state messe sotto accusa di favorire l’aumento di peso, l’obesità e tutte le malattie correlate. A rincarare la dose è un nuovo studio dei ricercatori della Harvard TH Chan School of Public Health di Boston, in cui si evidenzia come l’organismo gestisca in modo differente i vari tipi di dolcificanti, come per esempio saccarosio o lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (HFCS). Questo può essere un serio problema.
Ad alto rischio
Il largo studio ha coinvolto 84.628 donne e 42.908 uomini, che sono stati seguiti per circa trent’anni. All’inizio dello studio nessuno dei partecipanti aveva il diabete, malattie cardiovascolari o il cancro. Durante il periodo di follow-up, i ricercatori hanno scoperto che coloro che consumavano due bevande zuccherate al giorno avevano un aumento del 35% del rischio di attacco di cuore o malattia fatale, un aumento del 16% del rischio di ictus e il 26% di aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
Glucosio e fruttosio, le nuove emergenze
Il componente dello zucchero, chiamato glucosio, viene assorbito nel tratto gastrointestinale e utilizzato dal corpo come carburante. Il fruttosio viene invece metabolizzato nel fegato e trasformato in trigliceridi: questo può portare a malattia del fegato grasso e resistenza all’insulina, che è un noto fattore di rischio sia per malattie cardiovascolari che diabete. «I nostri risultati sottolineano la necessità urgente di strategie di salute pubblica che riducano il consumo di queste bevande», ha commentato il dott. Frank Hu, principale autore dello studio. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of American College of Cardiology.
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