Mons. Fisichella: «la Chiesa non resta passiva a Ru486»
«Sopprimere una vita è un male in sè»
ROMA - «C'è una triste tendenza che si sta imponendo poco alla volta in alcuni frammenti della cultura contemporanea: la banalizzazione. Dalla vita alla morte tutto sembra sottoposto a un mero processo semplificativo che tende a rinchiudere ogni cosa in un affare privato senza alcun riferimento agli altri».
E' quanto scrive monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita in un articolo sull'Osservatore Romano nel quale spiega che «in questo modo, però, la coscienza si assopisce e diventa progressivamente incapace di giudizio serio e veritiero».
POSIZIONE PILATESCA - «Fermarsi alla sola analisi del rapporto costi e benefici per introdurre nel mercato la Ru486 è una posizione molto pilatesca - aggiunge Fisichella - sulla quale si dovrà riflettere per non cadere in altrettante forme di ipocrisia. Inutile tergiversare.
La Ru486 è una tecnica abortiva perché tende a sopprimere l'embrione da poco annidato nell'utero della madre. L'aborto è un male in sé perché sopprime una vita umana; questa vita anche se visibile solo attraverso la macchina possiede la stessa dignità riservata a ogni persona. Il rispetto dovuto verso l'embrione non può essere da meno di quello riservato a ognuno che cammina per la strada e chiede di essere accolto per ciò che è: una persona».
«Per questo motivo - conclude Fisichella - dinnanzi alla superficialità che spesso incombe permane immutato l'impegno per la formazione, così da cogliere giorno dopo giorno l'impegno per vivere la sessualità, l'affettività e l'amore con gioia e non con preoccupazione, ansia e angoscia».