27 aprile 2024
Aggiornato 02:00

Fecondazione, Schifani risponde a Fini: Buona legge senza dogmi

Udc all'attacco. Montecitorio: «Valutare Consulta non è scandalo»

ROMA - Si scrive «legge 40», si legge «testamento biologico». Sulla normativa che regola la procreazione medicalmente assistita Renato Schifani risponde a Gianfranco Fini. Il presidente della Camera aveva salutato le correzioni della Corte costituzionale. «Rende giustizia alle donne italiane», aveva detto. «E' una buona legge», ha ribattuto Renato Schifani. Stesso ambito tematico - la bioetica -, stessi nodi di laicità, stessa divaricazione - quella tra la seconda e la terza carica dello Stato - che si sta profilando sul biotestamento, approvato a passo di carica da Palazzo Madama, subito prima il congresso fondativo del Popolo della libertà, e in arrivo - tra le perplessità di Fini - a Montecitorio. Dove il dibattito si annuncia meno spedito e dove, comunque, l'approdo in aula ancora non è ancora calendarizzato.

Dal'Afghanistan, dove visita le truppe italiane, Schifani svolge un ragionamento riferito alla legge 40 che potrebbe attagliarsi all'iter del ddl Calabrò sul fine vita. «Una legge quando affronta un dibattito lungo e tanti passaggi parlamentari con voti segreti nei quali si vota secondo coscienza e non sulla base di dogmi - ha detto Schifani - è una buona legge, di libertà anche perchè non vi può essere alcuna ingerenza dei partiti o di altri», afferma. Lo «stato etico» evocato da Fini sul testamento biologico? «Stato laico - dice Schifani - significa non rinunziare alle proprie responsabilità tutte le volte che ci si rende conto che ci sono vuoti normativi da colmare». Poi, esplicito: «Mi auguro fortemente che queste polemiche sulla legge 40 non rallentino l'iter dell'approvazione della legge sul testamento biologico».

Alle parole di Schifani fanno eco le dichiarazioni della sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella. «Temo che il presidente Fini sia caduto nello stesso equivoco in cui sono caduti in molti», afferma. Una sentenza che rende giustizia alle donne? «Ma se la legge ha impedito quel commercio che oggi mette a rischio la salute delle giovani 'donatrici' di ovociti. Che nell'Est, e non solo, vengono riempite di ormoni per una manciata di euro. La salute delle donne non si tutela permettendo tutto». Sulla stessa linea mons. Rino Fisichella. «La legge 40 è stata una legge che, certamente non cattolica, ha voluto intervenire in difesa della salute delle donne», afferma con nettezza il presidente della Pontificia Academia pro Vita. Poi la stoccata: «Se dovrà essere continuamente stimolata per produrre ovuli, per la donna è una passeggiata? Bisogna sapere ciò di cui si parla». Dal palco dell'Udc è il segretario Lorenzo Cesa ad attaccare Fini. «Il presidente della Camera - scandisce - non può essere il paladino di battaglie di parte. Fini sarebbe più libero di condurre le sue battaglie ideologiche se si spogliasse dei panni così impegnativi di terza carica dello Stato».

Alla fine, la presidenza della Cemera respinge le contestazioni con una nota di risposta a Cesa. «Se rileggesse l'articolo 134 della Costituzione, comprenderebbe che il doveroso rispetto del Parlamento non impedisce ad un supremo organo costituzionale, qual è la Consulta, di valutare la legittimità delle leggi. Di conseguenza - chiarisce Montecitorio - non può destare scandalo esprimere valutazioni sulle pronunce stesse della Corte Costituzionale».