29 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Centrosinistra

Adesso il PD prova ad accelerare

Enrico Letta è determinato a fare in modo che tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera il partito abbia un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente e per questo in direzione indicherà il timing di tutte le tappe del congresso.

Il Segretario del PD, Enrico Letta
Il Segretario del PD, Enrico Letta Foto: Agenzia Fotogramma

Adesso il Pd prova ad accelerare, dopo la rissa tra le opposizioni andata in scena al Senato e la corsa in ordine sparso alla Camera durante la votazione del nuovo presidente. Martedì bisognerà eleggere subito i capigruppo, anche se un'intesa allo stato non è ancora stata trovata, poi sarà la volta dei vice-presidenti delle Camere - e qualcuno tra i deputati ha anche lanciato il nome di Alessandro Zan, per fare da contraltare a Lorenzo Fontana. Ma ci sarà anche una nuova direzione del partito, per fissare le tappe del «congresso costituente» che a questo punto diventa sempre più urgente, come sottolinea per esempio Enrico Borghi: «Mentre noi ci balocchiamo tra costituenti, congressi, regole e amenità simili, altri in politica stanno correndo, e fanno la corsa su di noi!».

Enrico Letta, del resto, ha sempre detto di essere contrario a rimandare tutto alle «calende greche». Il segretario inizialmente pensava a gennaio-febbraio come data per la conclusione del percorso, poi è arrivato a indicare «la fine di marzo» per le richieste di mezzo partito di dare tempi adeguati alla «fase costituente». Ma Letta è determinato a fare in modo che tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera il partito abbia un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente e per questo in direzione indicherà il timing di tutte le tappe del congresso.

Per quanto riguarda i capigruppo, la discussione è ancora ferma sul dilemma: confermare le uscenti Malpezzi-Serracchiani in attesa del congresso o eleggere subito due nomi nuovi, possibilmente sempre donne? In questo secondo caso Valeria Valente (Senato) e Anna Ascani (Camera) sono i nomi più accreditati, ma per palazzo Madama si parla anche di Anna Rossomando. Per le vice-presidenze, appunto, tra i deputati democratici oggi più d'uno ha proposto Zan in «risposta» a Fontana, ma la più accreditata resta ancora Debora Serracchiani, se non rimarrà al suo posto di capogruppo. In corsa per la vice-presidenza di Montecitorio, peraltro, c'è anche Nicola Zingaretti, mentre al Senato potrebbe andare Simona Malpezzi (anche in questo se non verrà confermata capogruppo) o Graziano Delrio, mentre al Pd definiscono «una boutade di Renzi» l'ipotesi che possa toccare a Dario Franceschini.

Altro capitolo delicato è quello delle commissioni di garanzia. Il Pd non intende rinunciare al Copasir - che i democratici non vogliono lasciare a un partito come M5s che ha posizioni troppo poco atlantiste - ma i 5 stelle rivendicano la Vigilanza, chiesta anche dai centristi.

Di sicuro, Letta è ancora più convinto che alla lunga non si possa procedere con un fronte delle opposizioni così diviso e rissoso. Il segretario Pd è convinto che queste siano le scorie di una campagna elettorale fatta ognuno per conto proprio e che pesino anche questioni personali che si sono create nei mesi scorsi, ma Letta è anche certo che proprio ciò che è accaduto in queste ore conferma la necessità almeno di un «minimo comune denominatore». D'altro canto, il leader Pd sa che serve «volontà politica» per arrivare a questo risultato ed è consapevole che in questo momento non ci sono le condizioni. Sull'elezione di Fontana Letta è stato netto, «l'Italia non merita questo sfregio». Per il Nazareno, però, «stride la reazione di Conte su Fontana, considerando che era uno suo ministro di punta nel 'Conte I'».

(con fonte Askanews)