Opinioni
L'intervista

Stefano: «La gestione di Roma ha messo a nudo la disorganizzazione del M5s»

Il consigliere comunale di Roma Enrico Stefano spiega al DiariodelWeb.it perché ha lasciato il Movimento 5 stelle e la maggioranza della sindaca Virginia Raggi

Luigi Di Maio, Virginia Raggi e Roberta Lombardi

L'ultima botta alla Giunta romana di Virginia Raggi, a pochi mesi dalle elezioni, l'hanno data Enrico Stefàno, Donatella Iorio, Marco Terranova e Angelo Sturni. Quattro consiglieri ex Movimento 5 stelle che hanno lasciato il gruppo, fondandone uno nuovo, chiamato Il Piano di Roma, e di conseguenza lasciando anche la sindaca senza più maggioranza in Campidoglio. Proprio nella fase più critica di sempre per il partito pentastellato. Il DiariodelWeb.it ha incontrato Enrico Stefàno, per due volte eletto in Consiglio con il M5s, per capire i motivi che lo hanno portato alla rottura.

Enrico Stefàno, la sua insofferenza era montata visibilmente in questi ultimi mesi. Qual è stata la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso?
Non c'è stata una goccia in particolare. Si tratta di un percorso che andava verso quella strada, che di fatto avevo già intrapreso da quasi un anno e forse era inevitabile. Sempre con uno spirito critico e costruttivo, perché questo è il mio modo di fare. Ma sui temi che ho trattato emergevano sempre più nette delle divergenze e differenze che, alla fine, sono sfociate in questo passaggio ufficiale.

Immagino c'entri anche la decisione della Raggi di ricandidarsi, che lei aveva esplicitamente criticato.
Sì, certo. Ero stato critico innanzitutto sui modi, sul metodo, sui tempi, sulle modalità. Per carità, ritengo legittimo per un sindaco riproporsi. Ma secondo me lo dovrebbe fare attraverso un confronto prima interno, con i propri consiglieri e il proprio partito, a maggior ragione essendo in vigore la famosa regola dei due mandati, e poi esterno, con la città.

Che giudizio dà del mandato della sindaca?
In cinque anni non è che abbia funzionato proprio tutto. Ci sono sicuramente stati risultati importanti, ma anche molti altri sui quali si è fatta molta fatica, per usare un eufemismo.

Per esempio?
I rifiuti, la manutenzione del verde... È sotto gli occhi di tutti che i risultati non possono essere ritenuti soddisfacenti, sempre perché voglio essere diplomatico. Mi sarei aspettato da un sindaco uscente una fase di confronto con i cittadini, per capire che cosa abbia funzionato e che cosa no.

Non c'è stata abbastanza autocritica nei confronti di questi errori?
Secondo me non c'è stata proprio, è palese. Ancora oggi la narrazione è che la colpa sia della Regione o comunque di qualcun altro. Anche questo fatto è abbastanza stucchevole, lontano anni luce dal mio modo di fare. Ed è un peccato, perché fare sana autocritica è anche un'occasione per crescere e per migliorarsi.

Lei ha lamentato anche che voi consiglieri siate stati trasformati in passacarte. Ma chi è che non vi ha coinvolto?
Gli atti arrivano dalla Giunta, quindi tendenzialmente è in quella sede che si deve avviare un lavoro di impulso, di condivisione. Che onestamente, in questi anni, non c'è stato. Anche le delibere importanti arrivavano all'ultimo minuto, senza un confronto serio, un dialogo, una spiegazione. Non c'è stato proprio collegamento, che invece penso che in qualsiasi organizzazione complessa serva a rafforzare i temi, a blindarli, a portarli avanti in maniera più compatta e decisa.

Oltre alle responsabilità della Giunta, ce ne sono anche in capo al partito?
Sicuramente la mancanza di organizzazione il Movimento 5 stelle, quando governa realtà complesse e difficili come la città di Roma, emergono con tutta la propria evidenza. In questi contesti è necessario e fondamentale, mi sento di dire, anche un minimo di gerarchia. Tutto questo non c'è stato, meno che mai adesso, e i risultati si vedono.

Che giudizio dà della situazione attuale del Movimento?
Una grande confusione, che i cittadini non capiscono. In questo momento storico si aspettano qualcuno che affronti i problemi. Invece da mesi, ormai, si parla solo di piattaforme, di statuti, di capi. Un dibattito lontano anni luce anche dallo spirito originario del Movimento.

Se Conte dovesse andare avanti con la scissione e formare un nuovo partito, lei potrebbe seguirlo?
Io ho sempre detto che per me resta un riferimento: per come ha gestito un momento difficile per il nostro Paese, per le sue capacità di ascolto, di dialogo con i cittadini, ma allo stesso tempo per la sua autorevolezza sui tavoli internazionali. Pensiamo al lavoro fatto con il Recovery Fund. È un modello al quale guardare con attenzione e interesse.

E invece il nuovo gruppo che avete fondato voi, Il Piano di Roma, chi intende sostenere alle elezioni?
Come ho spiegato più volte, la nostra non è una mossa elettorale. Altrimenti, magari, avremmo direttamente aderito a qualche altro partito. In questi mesi, in quest'ultimo anno, abbiamo cercato di promuovere un dialogo sulla città con le forze progressiste, che ad oggi non c'è stato. Questo resta il nostro primo obiettivo: un piano per rilanciare Roma in un orizzonte temporale tra i cinque e i dieci anni.

Siete comunque più vicini al centrosinistra.
Culturalmente sì, certo. Ma questo non significa che il matrimonio sia scontato.

Comunque, se ci fosse un ballottaggio tra Michetti e Gualtieri, posso ipotizzare che non voterete il primo?
Diciamo che questo è corretto.

Lei invece non si ricandida?
No, salvo sorprese eccezionali. La mia intenzione è quella di non ricandidarmi.

Per quale motivo?
Intanto perché ho già ricoperto questo ruolo per due consiliature e penso di aver contribuito tanto alla città. Poi mi piacerebbe misurarmi su nuove sfide, mettermi alla prova in altri contesti. Ovviamente sempre lavorando sui miei temi, dove credo di aver sviluppato una conoscenza e un'esperienza non così comuni.

Quindi potrebbe candidarsi anche a livello nazionale?
Vediamo, non lo so. Non si vive di sola politica. Ma sicuramente mi piacerebbe mettermi alla prova anche in altre realtà istituzionali, certo. Se ne parla tra un anno e mezzo, fare una previsione al momento è arduo.

Ora che la Raggi non ha più la maggioranza, da molte parti è stata invitata a dimettersi. Anche lei la pensa così?
Quella sarebbe una mossa sicuramente forte. Però avendo perso, in cinque anni, dieci consiglieri e cinque municipi, io se fossi nella sindaca Raggi qualche domanda me la farei.

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