25 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Mafia

E' morto il boss Totò Riina: il «capo dei capi» di Cosa nostra non si era mai pentito

Il boss di Corleone era nato 87 anni fa ed è deceduto nelle scorse ore all'ospedale di Parma, dov'era ricoverato

PALERMO - Il capo dei capi della mafia siciliana, Totò Riina, è morto. Il padrino nato a Corleone nel 1930 è deceduto all'ospedale di Parma, dov'era ricoverato in coma dopo due delicati interventi chirurgici. Capo indiscusso di Cosa nostra, era stato arrestato il 15 gennaio 1993, e da allora è stato detenuto in regime di 41-bis. Proprio il 16 novembre, ha compiuto 87 anni. Con la morte di Totò Riina si chiude per sempre la cosiddetta epoca dei "corleonesi", dal nome del paese di Corleone di cui il clan era originario. Il boss ha costituito per oltre mezzo secolo un binomio indissolubile con Bernardo Provenzano e formato, insieme a Leoluca Bagarella, quel "triumvirato" che ha governato Cosa nostra, portandola nel terzo millennio, sviluppando nuovi modelli di business illegale e sferrando gli attacchi sanguinari allo Stato in quella che è passata alla storia come la «strategia stragista» del biennio '92-'93; emblematici gli omicidi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Totò "U curtu"
In galera per la prima volta per omicidio a soli 19 anni e poi latitante per 24 anni, dal 1969, Totò "U curtu", com'era chiamato, fu arrestato il 15 gennaio 1993, dal capitano dei carabinieri Ultimo, grazie alle dichiarazioni rese dal suo ex autista Balduccio Di Maggio. Il nome di Riina è al centro anche di un'altra pagina oscura della storia d'Italia, relativa alla cosiddetta «trattativa tra Stato e mafia» per porre fine alla strategia stragista del '92-'93. Riina, in particolare, avrebbe posto, tramite l'intercessione di Vito Ciancimino, alcune condizioni tra le quali la revisione della sentenza del Maxiprocesso, l'alleggerimento del 41bis, e la revisione delle norme in tema di pentiti e sequestro dei beni ai mafiosi.

26 condanne all'ergastolo
Dal suo arresto, Riina ha collezionato 26 condanne all'ergastolo, comprese quelle per le stragi di Capaci e via D'Amelio e per la morte del generale dei carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa ma, nonostante la reclusione, dal carcere ha continuato a lanciare minacce contro i giudici antimafia. Negli ultimi anni, le sue condizioni di salute erano notevolmente peggiorate, rendendo necessari diversi interventi chirurgici. Nel 2017 gli avvocati di Riina avevano chiesto al Tribunale di sorveglianza di Bologna il differimento della pena con la detenzione domiciliare. Il 19 luglio scorso il Tribunale si è però pronunciato negativamente respingendo la richiesta.