20 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Vaticano

Papa: «Mordersi la lingua, è una buona medicina per chi sparla»

L'omelia del Pontefice: ««Non giudichiamo. Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti»

Papa Francesco
Papa Francesco Foto: ANSA

CITTÀ DEL VATICANO - Papa Francesco, nell'omelia durante la messa ad Albano laziale, ha indicato una «buona medicina», per chi parla male degli altri: «Mordersi la lingua». Bergoglio, commentando l'episodio dell'incontro di Gesù con Zaccheo ha sottolineato: «Non si guarda mai nessuno dall'alto in basso», perché «l'unico momento in cui è lecito guardare una persona dall'alto in basso è quando si aiuta una persona, perché è caduta».

«Non giudichiamo»

«Non giudichiamo. Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti e - ha aggiunto a braccio - per essere promotori del bene di tutti una cosa che aiuta tanto è avere la lingua ferma, non sparlare degli altri ... A volte incontro persone che mi dicono non ci riesco, mi viene da dire criticare...se vedo... e io a volte suggerisco una buona medicina: a parte la preghiera, la medicina efficace è mordersi la lingua, se viene da criticare, ti si gonfierà in bocca e non potrai parlare».

«Ricchezza non crei divisioni e discriminazioni»

«La ricchezza può spingere a erigere muri, creare divisioni e discriminazioni. Gesù, al contrario, invita i suoi discepoli ad invertire la rotta: 'Fatevi degli amici con la ricchezza'. È un invito a saper trasformare beni e ricchezze in relazioni, perché le persone valgono più delle cose e contano più delle ricchezze possedute. Nella vita, infatti, porta frutto non chi ha tante ricchezze, ma chi crea e mantiene vivi tanti legami, tante relazioni, tante amicizie attraverso le diverse 'ricchezze', cioè i diversi doni di cui Dio l'ha dotato».

Il Vangelo di questa domenica

Papa Francesco commenta così all'Angelus il Vangelo di questa domenica (cfr Lc 16,1-13) ha come protagonista un amministratore furbo e disonesto che, accusato di aver dilapidato i beni del padrone, sta per essere licenziato. In questa situazione difficile, egli non recrimina, non cerca giustificazioni né si lascia scoraggiare, ma escogita una via d'uscita per assicurarsi un futuro tranquillo. Reagisce dapprima con lucidità, riconoscendo i propri limiti: «Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno» (v. 3); poi agisce con astuzia, derubando per l'ultima volta il suo padrone. Infatti, chiama i debitori e riduce i debiti che hanno nei confronti del padrone, per farseli amici ed essere poi da loro ricompensato.

Intelligenza e furbizia

Gesù presenta questo esempio «non certo per esortare alla disonestà, ma alla scaltrezza. Infatti sottolinea: «Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (v. 8), cioè con quel misto di intelligenza e furbizia, che ti permette di superare situazioni difficili. La chiave di lettura di questo racconto sta nell'invito di Gesù: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (v. 9). Ma Gesù indica anche la finalità ultima della sua esortazione: «Fatevi degli amici con la ricchezza, perché essi vi accolgano nelle dimore eterne». Ad accoglierci in Paradiso, se saremo capaci di trasformare le ricchezze in strumenti di fraternità e di solidarietà, non ci sarà soltanto Dio, ma anche coloro con i quali abbiamo condiviso, amministrandolo bene, quanto il Signore ha messo nelle nostre mani.

Sanare con il bene il male compiuto

Questa pagina evangelica fa risuonare in noi l'interrogativo dell'amministratore disonesto, cacciato dal padrone: «Che cosa farò, ora?» (v. 3). Di fronte alle nostre mancanze e ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore «perché abbiamo agito con scaltrezza», cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco sé stesso per il Regno dei cieli». Al termine dell'Angelus Papa Francesco ha ricordato che domenica prossima, 29 settembre, ricorrerà la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Per l'occasione verrà celebrata una messa in Piazza San Pietro: «Vi invito a partecipare a questa celebrazione per esprimere anche con la preghiera la nostra vicinanza ai migranti e rifugiati del mondo intero».