19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Immigrazione

Il blitz di Macron a Bardonecchia è un segnale verso un governo M5s-Lega: in Francia i migranti non entrano

La Francia spadroneggia da tempo sul confine, difendendo così un accordo ingiusto. Macron minaccia il nuovo, possibile, governo italiano

ROMA - L’irruzione della gendarmeria francese altro non è che un segnale al prossimo governo italiano: in Francia hanno capito chiaramente che si va verso un esecutivo decisamente meno prono ai desideri franco-tedeschi sotto molti aspetti. Qualsiasi combinazione uscirà dalle consultazioni di questi giorni, nel prossimo governo saranno presenti il M5s e la Lega, magari con un appoggio esterno di una parte del Partito Democratico o di Forza Italia. In ogni caso si formerà l’esecutivo più euroscettico degli ultimi decenni. Cardine di questa nuova alleanza di governo sarà una gestione del flusso migratorio diversa rispetto al passato. Anche perché sia M5s che Lega hanno corroborato la loro campagna elettorale con messaggi inerenti i migranti presenti in Italia, regolari e non, molto forti. Nel mirino di un governo formato da M5s e Lega finirà senza alcun dubbio l’accordo di Dublino III, che nella sua essenza prevede l’impossibilità da parte dei migranti giunti in Italia di proseguire verso la loro meta finale. Il presidente Macron ha ben chiaro che l’Italia sta andando verso la ricusazione di quel trattato, per molti versi ingiusto e disumano, e quindi ha dato ordine alla sua polizia di frontiera di compiere un’operazione scellerata, il cui unico scopo era dare un chiaro segnale politico a coloro che prenderanno il posto dei remissivi politici italiani che hanno fino ad oggi governato.

I francesi non indietreggiano
I francesi, ancora qualche giorno fa, a Bardoencchia spadroneggivano al punto di chiedere i documenti ai giornalisti italiani, com'è successo a chi scrive, senza per altro riceverli, ma mettendo in chiaro il loro proposito intimidatorio. In un'intervista al Corriere della Sera, il ministro francese dei conti pubblici Gerald Darmanin non è indietreggiato:

«Credo si tratti di un incidente increscioso, nato da un malinteso tra i doganieri francesi e le ferrovie italiane sull’uso del locale nella stazione di Bardonecchia. In base alle informazioni a nostra disposizione, sappiamo che una squadra ferroviaria delle dogane francesi ha effettuato un controllo su un cittadino nigeriano residente in Italia, nell’ambito della lotta al traffico di stupefacenti. Si trattava di un controllo doganale di routine ma le condizioni nelle quali si è effettuato sono state percepite, dall’altra parte delle Alpi, come un’offesa alla sovranità italiana e questo ha suscitato una grande emozione. Da venerdì ho seguito di persona gli sviluppi di questa vicenda. Ne ho informato il Presidente della Repubblica e ci sono stati contatti molto stretti con il governo italiano. La Francia è molto attaccata alla cooperazione con l’Italia e voglio sottolineare l’eccellenza della nostra cooperazione doganale, a beneficio di entrambi i Paesi. L’ho detto, l’Italia è un partner essenziale, una nazione sorella: non si è in alcun modo trattato di attentare alla sua sovranità. Mi rammarico che questo incidente sia stato avvertito in questo modo. Ho chiesto al direttore generale delle dogane francesi di andare già questa settimana in Italia. Io stesso verrò poco dopo, lunedì 16 aprile, perché la nostra cooperazione transfrontaliera continui in modo efficace e con fiducia reciproca».

Si tratta di una lieve smussatura dei toni, a cui per altro non corrisponde una reale apertura politica rispetto il problema del confine italo-francese inesorabilmente chiuso. Problema ancor più pregnante se si pensa al pesante coinvolgimento dell’ex presidente Sarkozy, imputato per corruzione da parte dell’ex colonnello di Tripoli Gheddafi. Poi ucciso durante la guerra civile scatenata proprio dalla Francia. La crisi di Bardonecchia ha un’origine lontana e oscura: quasi tutta francese.

Dublino III da cambiare
Il sistema di Dublino, come noto, è totalmente sbilanciato a favore dei paesi del nord Europa, mentre le nazioni di primo approdo sono penalizzate. Si pensi al caso limite della Grecia, da anni sottoposta alle terribili «cure» di austerità imposte dalla Trojka, e per di più alle prese con flussi migratori fuori scala. I punti di accesso all’Europa sono pochi, quasi tutti affacciati sul Mediterraneo: non è possibile pensare di poter fermare centinaia di migliaia di persone che vogliono raggiungere il nord Europa per ragioni famigliari o per trovare un lavoro. O men che meno si può ipotizzare che possano essere ricollocate in Bulgaria. Senza dimenticare che gli accordi economici presi dall’Unione Europea con la Turchia di Erdogan rimangono un ricatto nelle mani del nuovo califfo del Medio Oriente. Il quale, prima o poi, non si accontenterà più di essere ricoperto di euro per bloccare i migranti provenienti dalla Siria e non solo. Un governo di coalizione, paradossalmente, è perfino auspicato da coloro che operano nel volontariato più o meno legale che in questi giorni opera in Val Susa. Uomini e donne dichiaratamente di sinistra, alcuni perfino anarchici, che credono che l’unica possibilità che possa aprire il confine francese è data dall’alleanza tra Salvini e Di Maio. Ovviamente sarà molto difficile rendere concreta questa prospettiva: la Francia ha già fatto capire chiaramente che dalle loro parti i confini rimarranno chiusi ancora a lungo.