29 marzo 2024
Aggiornato 15:30
la situazione è fuori controllo

Roma, la Corte di Strasburgo vieta all'Italia di sgomberare una donna rom disabile

La donna vive da anni anni nel centro per soli rom di via Salaria, una struttura che ospita altre 325 persone

ROMA - La Corte europea per i diritti dell'uomo, attraverso l'adozione di una misura di emergenza, ha ordinato al governo italiano di non procedere allo sgombero di una donna rom disabile e di sua figlia dalla ex cartiera di via Salaria, a Roma, come disposto nelle scorse settimane dall'amministrazione capitolina. Lo comunica l'associazione Articolo 21, spiegando che la decisione della Corte è arrivata in seguito al ricorso sollevato dalla famiglia, supportata dal Centro europeo per i diritti dei rom (ERRC), Associazione 21 luglio, OsservAzione e dagli avvocati Salvatore Fachile e Loredana Leo dell'Asgi.

Nella struttura vivono 325 persone
«Le due donne, insieme ad altri familiari - spiega l'associazione - hanno vissuto per anni nel centro per soli rom di via Salaria, una struttura - inaugurata e gestita dal Comune di Roma - in cui vivono attualmente 325 persone, esclusivamente rom, segregate su base etnica e i cui diritti umani sono costantemente violati». Ma «nelle scorse settimane, attraverso la notifica di fogli di dimissioni a decine di famiglie del centro, il Comune di Roma aveva ordinato alle persone di abbandonare la struttura entro il 28 marzo, senza però fornire loro alcuna alternativa abitativa adeguata, lasciandole di fatto per strada, aumentandone la vulnerabilità e interrompendo irrimediabilmente la frequenza scolastica dei minori».

La decisione della Corte Europea
La Corte europea per i diritti dell'uomo, infatti, può indicare «misure ad interim» in casi di emergenze, in modo da fermare un «rischio imminente di danno irreparabile». La Corte solitamente adotta tali misure solo per evitare che persone vengano espulse dall'Europa verso Paesi nei quali rischiano maltrattamenti. La Corte, sempre più di frequente, riceve richieste di adozione di misure ad interim per fermare sgomberi, ma si limita a farlo solo in particolari circostanze. Vittime di violazioni di diritti umani possono rivolgersi alla Corte europea solo se non dispongono di mezzi efficaci per fare ricorso davanti ai tribunali nazionali. E «le due donne rom autrici del ricorso hanno, con successo, dimostrato che i tribunali italiani non hanno fornito loro mezzi efficaci per fronteggiare il rischio dello sgombero».

Bisogna trovare soluzioni alternative
L'Associazione 21 luglio «accoglie con grande soddisfazione la decisione della Corte europea e auspica che il Comune di Roma possa coglierne l'importanza per fermare l'espulsione anche delle altre persone che vivono nella struttura di via Salaria e che rischiano di essere rese ulteriormente vulnerabili». Ma l'associazione chiede anche al Comune di «superare una struttura segregante e che viola i diritti umani dei rom accolti" e "individuare soluzioni alternative adeguate per le famiglie». A tal fine «sarebbe importante che il Comune valutasse la riconversione dei 4 milioni di euro, impegnati da determina dirigenziale del 15 marzo 2016 per l'apertura di nuove strutture segreganti e discriminatorie per soli rom - in progetti di inclusione abitativa e lavorativa che vadano ad iniziale vantaggio delle 325 persone attualmente accolte nella struttura di via Salaria».

La situazione italiana è fuori controllo
«Il fatto che la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia deciso di intervenire in modo così eccezionale dimostra quanto la situazione italiana sia fuori controllo», ha dichiarato il presidente di Errc, Dorde Jovanovic, aggiungendo: « rom sono relegati in alloggi segreganti, da cui poi vengono cacciati via con pochissimo preavviso e senza nessun aiuto. L'umiliazione della segregazione razziale è dunque aggravata dalla perenne minaccia di essere lasciati da un momento all'altro per strada. E - ha concluso - tutto ciò viola gli impegni assunti dall'Italia a livello europeo a fine di garantire un trattamento egualitario dei rom».