19 aprile 2024
Aggiornato 11:00
secondo l'ex presidente della camera non bisogna rigettare le altre fedi

Terrorismo, Bertinotti: «Vorrei vedere nel paese manifestazioni religiose islamiche»

Fausto Bertinotti, storico leader di Rifondazione Comunista ed ex Presidente della Camera dei Deputati, è intervenuto stamattina su Radio Cusano Campus ed ha affrontato diversi temi caldi. Ecco cos'ha detto

ROMA - Fausto Bertinotti, storico leader di Rifondazione Comunista ed ex Presidente della Camera dei Deputati, è intervenuto stamattina su Radio Cusano Campus, l'emittente dell'Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del programma ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio. Diverse le tematiche affrontate da Bertinotti durante l'intervento. 

Sugli italiani che si sono riscoperti affascinati da Putin:
«Lui ha un'idea su quello che deve fare. Quale che sia il giudizio, anche il più negativo, sul modo in cui Putin governa il Paese, gli conferisco una capacità importante di operarsi negli interessi di quel Paese stesso. Ad esempio ha scelto gli alleati giusti per combattere il terrorismo, quando l'Occidente ha individuato quelli sbagliati. Ha individuato una efficace linea di intervento contro il terrorismo»

A proposito della polemica legata al Natale Laico
«Quel preside, magari ispirato da buona volontà, ha prodotto nocumento a molti. Il rispetto dell'altro non risiede nella negazione della propria storia. Il rispetto degli altri passa dalla tolleranza, che è il rispetto della posizione dell'altro. Mi piacerebbe che ci fossero visibili nel Paese anche le manifestazioni religiose degli islamici o delle altri fedi».

Su Papa Francesco e il Giubileo della Misericordia
«L'apertura della porta Santa in Africa è stata sottovalutata. C'è una grande pigrizia intellettuale. Resta un'assoluta centralità romana che ormai è sbagliata. Andava colta la rottura di questo paradigma, coerente col messaggio della misericordia, che coinvolge le periferie del mondo»

Sulla proposta del Ministro del Lavoro Poletti
«Stiamo tornando indietro, si stanno mettendo in dubbio tutti i diritti acquisiti nel corso degli anni. Il pagamento orario determina un elemento uguale per tutti, che è l'ora lavorata. L'elemento orario introduce l'uguaglianza a parità di lavoro e parità di salario. Al carattere eguale dell'orario, poi, viene aggiunto il carattere differenziato della qualità lavorativa. Io in un'ora non guadagno gli stessi soldi se faccio il manovale o l'operaio specializzato. L'ora è uguale per tutti, ma c'è una differenza in base alla qualifica lavorativa. Dal punto di vista della storia della contrattazione l'ora è sempre stato un riferimento non esclusivo ma se viene tolto questo elemento si cade nell'assoluta discrezionalità, perché allora quantità e qualità non vengono più controllate da un esercizio di contrattazione che riguarda tutti i lavoratori. L'impresa si troverebbe a pagare i lavoratori secondo le sue discrezioni. Discrezioni che chiamerà merito. Ci sono parole avvelenate: la condizione di precarietà nasce sulla parola flessibilità, che sembrava alludere ad una maggiore possibilità dei lavoratori di disporre del proprio tempo. Questa idea, però, come tutte quelle che si spostano verso la dimensione individualistica, è destinata a far franare l'idea di civiltà. Il lavoratore rischia di essere non più persona ma semplicemente un'appendice dell'azienda».