8 febbraio 2025
Aggiornato 03:30
L'era di Camillo Ruini è finita

Papa Francesco alla CEI: «Basta rinchiudersi nei conservatorismi»

Il Pontefice, come è suo consueto, non usa un linguaggio criptico. A Firenze partecipa al convegno decennale della Chiesa italiana. Parola d'ordine: «Riforma»

ROMA - «Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d'immagine, di denaro». Papa Francesco, come è suo consueto, non usa un linguaggio criptico. A Firenze partecipa al convegno decennale della Chiesa italiana. Non cita mai Camillo Ruini, il cardinale che ha impersonato un'era del cattolicesimo italiano, tra il collateralismo con la politica, e in particolare con il centro-destra di Silvio Berlusconi, e il protagonismo sulla scena pubblica con battaglie sui «valori non negoziabili» (la bioetica, il Family day), ma pungola i vescovi delle 226 diocesi italiane, i sacerdoti e le suore, i fedeli riuniti nel capoluogo toscano a voltare pagina. Jorge Mario Bergoglio è il primate d'Italia, ha nonni italiani, ha scelto il nome del santo patrono d'Italia, Francesco, ma fin dall'inizio del suo pontificato ha marcato una profonda discontinuità rispetto al passato. E oggi, nella chiesa di Santa Maria del Fiore ha esposto quasi un programma di governo per la Chiesa italiana.

Chiesa inquieta
Il Pontefice argentino non è un rivoluzionario in dottrina, ma non parla di valori non negoziabili, parla di «rivoluzione» della fede e della necessità di una continua «riforma» della Chiesa perché rimanga fedele allo Spirito santo. Vuole una Chiesa «inquieta» e accanto agli ultimi, i poveri, i migranti, i disabili che ha salutato nella chiesa della Santissima annunziata, i senzatetto con cui ha pranzato alla mensa di San Francesco il poverino. In mattinata il Papa tiene a fare tappa a Prato, cittadina dove è consistente la presenza della comunità cinese, e denuncia come una tragedia dello sfruttamento e del lavoro inumano il rogo in cui morirono sette operai cinesi nel 2013.

Un Papa con il popolo
Francesco viene accolto dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, dall'arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, dal presidente del comitato preparatore del convegno decennale, l'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, ma è con il «popolo di Dio» che lo attende, lo ascolta e lo applaude ripetutamente durante il suo denso discorso che il Papa entra subito in sintonia. «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull'umanesimo cristiano che nasce dall'umanità del Figlio di Dio», afferma il Papa in riferimento al tema del convegno, l'umanesimo cristiano, proprio nella città culla dell'umanesimo. «E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal 'potere', anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso». Il Papa sottolinea che la Chiesa non deve stare sulla «difensiva», intimorita dai cambiamenti, non deve rinchiudersi nei «fondamentalismi» e nei «conservatorismi», cita don Camillo (e Peppone) per ricordare che il pastore deve stare accanto al popolo. 

Riforma
I convegni decennali della Cei hanno sempre dato il tono di intere stagioni della Chiesa italiana. A Roma nel 1976 Paolo VI spinse la Chiesa italiana ad applicare l'eredità del Concilio vaticano II. Nel 1985 il Convegno di Loreto fu caratterizzato dalla svolta impressa da Giovanni Paolo II e interpretato nel Belpaese dal cardinale Camillo Ruini per invitare i cattolici a riprendere «un ruolo guida nella società italiana», mentre quello del 1995, celebrato a Palermo, vide il definitivo lancio del «progetto culturale cristianamente orientato» di Ruini in un'Italia dove, declinata la Democrazia cristiana, i vescovi assumevano un ruolo da protagonisti. Nel 2006, a Verona, Benedetto XVI confermò questa linea, pur caldeggiando una Chiesa «mite». Ora è Papa il primo pontefice latino-americano della storia, eletto su una spinta riformista. E Francesco non teme di usare una parola tabù in Vaticano, «riforma», appunto: «La riforma della Chiesa, e la Chiesa è semper reformanda», non si esaurisce nell'ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. "Allora tutto sarà possibile con genio e creatività. La Chiesa italiana si lasci portare dal suo soffio potente e per questo, a volte, inquietante». Il Papa chiede alla Chiesa italiana di collaborare a costruire una Italia migliore, ma non costruendo «muri né frontiere», bensì «piazze e ospedali da campo», non «negoziando» per ottenere la propria «getta di torta», ma dialogando, anche con i non cattolici. Mette in guardia da due tentazioni, puntare troppo sulle strutture e dimenticare le persone concrete.

Tentazioni
«Esistono le tentazioni. Ve ne voglio dire due, non abbiate spavento, solo due», afferma suscitando le risate dei fedeli, e poi, in riferimento a una nota meditazione-rampogna che ha pronunciato a Natale scorso per gli auguri in Vaticano, aggiunge: «Non 15 come ho detto alla Curia romana...». Ma quella è un'altra storia.

(Con fonte Askanews)