La missione impossibile di Esposito: rivoluzionare Atac
Il nuovo assessore della Giunta Marino ha subito dimostrato il suo coraggio e le sue mani libere. Sembra l'uomo giusto per riuscire a ribaltare il trasporto pubblico romano. Ma riuscirà ad andare oltre gli annunci?
ROMA – Di una cosa bisogna dargli atto: l'approdo di Stefano Esposito al Comune di Roma non è certamente passato inosservato. Chi accusava il sindaco Ignazio Marino di avere partorito un rimpasto gattopardesco, di essersi insomma limitato a cambiare qualche nome per non cambiare nulla, è rimasto invece sbalordito dalla figura del nuovo assessore ai Trasporti. Il senatore piemontese, catapultato nella capitale, ha subito chiesto novanta giorni di tempo per rivoluzionare l'Atac o tornarsene a casa. Eppure, già nella prima settimana dalla sua nomina, è rimasto stabilmente sulle pagine dei giornali, attirando l'attenzione dei cittadini e anche le critiche. Perché l'uomo è fatto così: deciso, schietto, senza mediazioni, tagliato con l'accetta. O lo si ama, insomma, o lo si odia.
Selfie, litigi e pazze idee
Il suo primo atto è stato l'incontro con Christian Rosso, l'autista diventato famoso per i suoi video di denuncia su Facebook e per questo prontamente sospeso: l'assessore (contrariamente al suo sindaco) gli ha espresso la sua solidarietà, certificata anche da un renzianissimo selfie. Poi ha litigato su Twitter con il consigliere comunale Alessandro Onorato, della Lista Marchini, che lo accusava dei disagi sulla Metro B. Infine ha affidato alle pagine di Repubblica il suo piano per rivoltare come un calzino il trasporto pubblico romano. Al centro c'è un ritorno al passato: quello dei bigliettai sugli autobus, accompagnati dai vigili. Per evitare entrambe le categorie di passeggeri più indesiderati: quelli che non pagano il biglietto e quelli che sempre più frequentemente aggrediscono i macchinisti. Nessun costo aggiuntivo per la società, spiega Esposito, perché «prendiamo le persone dietro le scrivanie e gli facciamo un bel corso di formazione, cominciando dagli assunti senza concorso di parentopoli». Gli attributi, come si vede, non gli mancano.
Un altro marziano
E la misura, inizialmente sbeffeggiata, è parsa poi acquisire sempre più credibilità con il passare delle ore. Tanto che anche gli oppositori più accaniti, quelli del Movimento 5 stelle, non hanno saputo trovare critica più dura dell'auspicio che l'iniziativa venga applicata a molte più linee rispetto alle 15 sulle quali sarà sperimentata inizialmente, a partire dal Giubileo. Più fondata, invece, e condivisibile, l'accusa sul doppio incarico di Esposito: «Roma non può permettersi assessori part time – tuona il consigliere grillino Enrico Stefano – Decida, si dimetta da senatore o rinunci a fare l'assessore. Mantenere entrambe le cariche danneggia solo la città». Ma a dispetto dell'attaccamento alla poltrona, vizio che condivide con buona parte dei suoi colleghi politici, Stefano Esposito dà l'impressione di essere proprio l'assessore che serviva a Roma Capitale. Cui non mancano né il coraggio di affrontare di petto i problemi del trasporto pubblico, né le mani libere di chi arriva da fuori e non è contaminato dal sistema di inciuci e favori incrociati che inquina i meccanismi del potere romano. Per ora i suoi annunci ci piacciono molto. Vedremo, dopo questi famigerati novanta giorni, se saprà metterli in pratica, o se resterà solo l'ennesimo parolaio. Come il suo amico Matteo Renzi.
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