28 agosto 2025
Aggiornato 00:30
Tre indagati per il dramma dell’ascensore

A Roma una metropolitana da paura

Incuria e abbandono sono la cornice dentro la quale si è consumata la tragedia del piccolo Marco. E’ lecito porsi una domanda: quante volte quell’ascensore si era già guastato e quante volte era stata tentata quella che l’assessore Improta ha chiamato «una manovra errata»?

ROMA - Non è esagerato dire che sulla metropolitana di Roma sembra essersi abbattuta una maledizione. Sulla metropolitana e sull’azienda Pubblica Atac che la gestisce.
Ha lasciato sotto shock l’intera città la morte del piccolo Marco di quattro anni che si è visto risucchiata la vita nel buco nero di un ascensore della fermata della linea A  Furio Camillo, zona Appio-Tuscolano, popoloso quartiere a due passi da San Giovanni.

LA MORTE DEL PICCOLO  MARCO - All’origine della disgrazia che ha stroncato la vita di Marco c’è un ascensore che dalla strada consente di accedere direttamente nel sottosuolo dove c’è la stazione della metropolitana. L’ascensore si è fermato a metà strada. Gettando nel panico il piccolo Marco e sua madre rimasti intrappolati al buio.
Sembra il primo passo di un destino che di lì a poco dimostrerà tutta la sua crudeltà.
Diciamo sembra, perché definire destino quello che invece si chiama incuria, degrado e colpevole abbandono è aggiungere la falsità alla tragedia.

IL REGNO DEL DEGRADO - Chi non frequenta Roma e le stazioni della metropolitana di Roma non può capire quanto di quel fato che ha portato via Marco ha nomi e cognomi e responsabilità precise.
Ma chi oggi impreca contro la sorte ha mai dato uno sguardo a quegli ascensori che accedono alle stazioni della metropolitana? Sono la quintessenza dello sporco e della rovina, con le vetrate eternamente imbrattate le strutture esterne lasciate a marcire come vecchie macchine inservibili.
Quell’ascensore che sprofonda nel degrado che garanzie poteva dare ad una madre impossibilitata a scendere dalle scale con la carrozzina di un bimbo di quattro anni?

LE INDAGINI - La Procura di Roma che, acquisito tutte le registrazioni e le comunicazioni, ha inscritto nel registro degli indagati tre persone nell'ambito dell'inchiesta sulla morte del bambino di quattro anni avvenuta ieri nella stazione della metropolitana Furio Camillo. Gli accusati di omicidio colposo sono un dipendente dell'Atac e due vigilantes. A parere di chi indaga sarebbe stato proprio il funzionario dell'azienda di trasporti a compiere la manovra costata la vita al piccolo.
Secondo quanto si è appreso, il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani ha disposto l'autopsia del bambino morto e l'impiegato dell'Atac sotto shock per quanto accaduto è ricoverato in ospedale.
Gli inquirenti vogliono accertare per quale motivo il dipendente abbia deciso di intervenire visto che una squadra di soccorso era stata allertata.

L’ASCENSORE SI ERA FERMATO ALTRE VOLTE? - Ma quante volte quell’ascensore si era già fermato prima che i soccorsi a chi vi era rimasto intrappolato finissero in tragedia? Questa è la prima domanda che si spera i magistrati si siano posti.
E’ possibile infatti che il funzionario dell’Atac sia ricorso a quel salvataggio di fortuna, che in qualche modo ricorda il trasbordo da una funivia ad un’ altra in quota, senza che ne avesse fatto pratica in precedenza? Dalle prime ricostruzioni il funzionario che ora vive un suo dramma all’ospedale ha manovrato i pannelli delle due cabine per il passaggio dall’ascensore bloccato ad uno funzionante posizionato a fianco senza esitazioni. In che fa pensare che fosse una pratica già utilizzata in altre circostanze.

UN «ERRORE DI MANOVRA»? - «E’stato un errore di manovra, un errore umano», sono state le parole usate dall’assessore alla mobilità di Roma, Guido Improta.
Ma «errore di manovra» può essere una definizione adottata unicamente ad un comportamento usuale. Cioè «quella era la manovra da eseguire ma non è stata eseguita correttamente. Se non fosse così Improta avrebbe dovuto definirla «manovra folle» o «gesto irresponsabile».
E’ vero che le parole di Guido Improta vanno comunque prese con le molle. L’assessore alla mobilità di Roma, di stretta osservanza renziana nelle settimane scorse aveva annunciato ai quattro venti le sue dimissioni. Poi ha fatto finta di essersene dimenticato. Nei giorni scorsi si è presentato come se niente fosse all’inaugurazione di un tratto di Linea C della metropolitana (altro capitolo della Roma delle sette bruttezze che merita un discorso a parte) ed è riemerso ora, in uno dei giorni più tristi della città a mettere il suggello di parole che inducono a più interpretazioni. Inserendo nel clima di dolore anche l’amaro del dubbio.

UN DRAMMA ANNUNCIATO - Ora che è successo, ora che il piccolo Marco ha pagato per tutto, si può dire che il dramma nei cunicoli della metropolitana di Roma era nell’aria. Nei giorni scorsi si è sfiorata quando i macchinisti per fiutare di firmare il cartellino hanno fatto uno sciopero bianco che ha fatto accalcare migliaia di persone sulle strette banchine delle stazioni.
A giugno c’era stato uno scontro fra due treni con feriti. Dopo che qualche mese prima c’erano stati anche i morti.
Insomma chi si infila nella metropolitana di Roma lo fa a suo rischio e pericolo. Il minimo che può capitargli è di uscirne senza il portafogli passato in lampo nelle mani delle decine di donne Rom che vi stazionano perennemente, consapevoli di poter agire nella più completa impunibilità. A Milano nei giorni scorsi sono state fermate delle donne Rom che hanno collezionato 192 denunce e 78 arresti a cui hanno seguito 78 immediati rilasci.
Una cosa diventa sempre più insopportabile che si chiami destino quello che è solo sciatteria e collusione.
Entrando in metropolitana pensiamoci.
Senza dimenticare una preghiera per il piccolo Marco.