28 marzo 2024
Aggiornato 21:30
Riforma della Giustizia

Grasso: Serve una revisione complessiva del «sistema Giustizia»

«Ritengo una seria riforma della giustizia non solo politicamente possibile ma doverosa». Lo ha detto il Presidente del Senato, Pietro Grasso, incontrando la stampa parlamentare in occasione della cerimonia del Ventaglio. Il Ministro Orlando: «Responsabilità civile giudici? Escludere azione diretta».

ROMA - «Ritengo una seria riforma della giustizia non solo politicamente possibile ma doverosa». Lo ha detto il Presidente del Senato, Pietro Grasso, incontrando la stampa parlamentare in occasione della cerimonia del Ventaglio.
Grasso ha sottolineato che «il Paese ha bisogno non di interventi slegati, tantomeno di misure dettate da situazioni contingenti o legate a vicende specifiche, ma piuttosto di una revisione complessiva del 'sistema giustizia' che si attende da decenni». E, a proposito dell'iniziativa del governo, ha osservato che «deve trattarsi di una vera rinascita del sistema, attraverso misure legislative ed organizzative, alcune già in corso: la completa digitalizzazione del processo, la rimodulazione del sistema delle impugnazioni, la revisione della disciplina della prescrizione, la riduzione del contenzioso attraverso misure deflattive e forme di soluzione extra-giudiziale delle controversie. E soprattutto l'accelerazione della durata dei processi».

RIFORMA INELUDIBILE - Secondo il presidente del Senato «la riforma della giustizia civile è ormai ineludibile. I dati sono molto eloquenti. Secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) la durata media dei processi civili in Italia è di quasi 3000 giorni, circa 8 anni: oltre tre volte la media degli altri Paesi OCSE. Una giustizia ritardata equivale a giustizia negata e la lentezza della giustizia civile è una delle ragioni dello stallo della nostra economia. La grave difficoltà, spesso la sostanziale impossibilità di ottenere giudizialmente in tempi ragionevoli l'adempimento dei crediti insoluti, la tutela dei diritti e degli interessi si traduce in un ostacolo agli investimenti dall'estero e non a caso la percentuale del nostro PIL dovuta agli investimenti diretti dall'estero è la più bassa fra i grandi paesi europei. Ed è un vero peccato perché il Paese potrebbe altrimenti esprimere una forte capacità di attrazione per le straordinarie professionalità di manodopera, innovazione e creatività che sono ammirate nel mondo».