Papa Francesco: «Chi non pecca non è uomo»
Lo ha sottolineato papa Francesco, nella sua conversazione del 29 novembre scorso con i superiori degli istituti religiosi: «La vita è complessa, è fatta di grazia e di peccato. Se uno non pecca, non è uomo. Tutti sbagliamo e dobbiamo riconoscere la nostra debolezza»
ROMA - I sacerdoti, i religiosi devono riconoscersi come peccatori. Lo ha sottolineato papa Francesco, nella sua conversazione del 29 novembre scorso con i superiori degli istituti religiosi. «Dovete essere - ha detto, secondo il resoconto che dell'incontro fa Civiltà cattolica, in edicola oggi - veramente testimoni di un modo diverso di fare e di comportarvi. Ma nella vità è difficile che tutto sia chiaro, preciso, disegnato in maniera netta. La vita è complessa, è fatta di grazia e di peccato. Se uno non pecca, non è uomo. Tutti sbagliamo e dobbiamo riconoscere la nostra debolezza».
A giudizio del pontefice «Un religioso che si riconosce debole e peccatore non contraddice la testimonianza che è chiamato a dare, ma anzi la rafforza, e questo fa bene a tutti».
NUOVO LINGUAGGIO PER PARLARE AI GIOVANI - «Chi lavora con i giovani non può fermarsi a dire cose troppo ordinate e strutturate come un trattato, perché queste cose scivolano addosso ai ragazzi. C'è bisogno di un nuovo linguaggio, di un nuovo modo di dire le cose. Oggi Dio ci chiede questo: di uscire dal nido che ci contiene per essere inviati».
PARTIRE DALLA PERIFERIA - «I grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia».
«E' una questione ermeneutica: si comprende la realtà - ha spiegato il pontefice - solamente se la si guarda dalla periferia, e non se il nostro sguardo è posto in un centro equidistante da tutto. Per capire davvero la realtà, dobbiamo spostarci dalla posizione centrale di calma e tranquillità e dirigerci verso la zona periferica. Stare in periferia aiuta a vedere e capire meglio, a fare un'analisi più corretta della realtà, rifuggendo dal centralismo e da approcci ideologici».
Citando il gesuita Pedro Arrupe, Francesco ha ricordato che «parlava della povertà e diceva che è necessario un tempo di contatto reale con i poveri. Per me questo è davvero importante: bisogna conoscere la realtà per esperienza, dedicare un tempo per andare in periferia per conoscere davvero la realtà e il vissuto della gente. Se questo non avviene, allora - ha ammonito Bergoglio - ecco che si corre il rischio di essere astratti ideologi o fondamentalisti, e questo non è sano».
TESTIMONI DI GENEROSITÀ E SACRIFICIO - «Dovete essere veramente testimoni di un modo diverso di fare e di comportarvi. La Chiesa cresce per testimonianza, non per proselitismo», ha detto, citando il suo predecessore Benedetto XVI. Nella conversazione riassunta sul numero odierno di Civiltà cattolica, il pontefice ha spiegato che «la testimonianza che può attirare veramente è quella legata ad atteggiamenti che non sono gli abituali: la generosità, il distacco, il sacrificio, il dimenticarsi di sé per occuparsi degli altri. E' quella la testimonianza, il 'martirio' della vita religiosa».
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