«Vorrei una Chiesa povera»
Papa Francesco «conquista» così l'aula Paolo VI, in Vaticano, dove oggi ha concesso udienza ai giornalisti accreditati a seguire il Conclave. Le sue parole sono piene di speranza, ma sanno anche di manifesto programatico
CITTÀ DEL VATICANO - «Come vorrei una Chiesa povera...». Papa Francesco 'conquista' così l'aula Paolo VI, in Vaticano, dove oggi ha concesso udienza ai giornalisti accreditati a seguire il Conclave. Le sue parole sono piene di speranza, ma sanno anche di manifesto programmatico. L'applauso è spontaneo, sentito, fragoroso. Il Sommo Pontefice emoziona, con la bontà dei suoi gesti, la gentilezza del suo sorriso. La fermezza delle sue idee. Chiede «una Chiesa povera per i poveri», capace di andare oltre le inevitabili «cadute» e «i peccati», per esprimere «verità, bontà e bellezza», con «Gesù Cristo al centro». E' così che la sente Papa Francesco, è così che chiede ai giornalisti di «interpretarla e comunicarla».
Il Pontefice rivologe «un sincero ringraziamento» ai giornalisti provenienti da 81 paesi, «per le fatiche di questi giorni», scalda i cuori e le mani con una battuta - «avete lavorato, eh...» -, invita «a conoscere la vera natura della Chiesa, che è umana, non politica, ma essenzialmente spirituale». «E' il popolo di Dio che cammina verso Gesù Cristo», afferma senza avere timore di ricordare che «questo cammino ha anche cadute e peccati». «Ma bisogna riconoscerne la connotazione spirituale, la più autentica, per comprenderla» a fondo.
E proprio «Cristo, non il successore di Pietro, è al centro della Chiesa, è il riferimento, il suo cuore». «Senza Cristo - ricorda il Pontefice -, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragione d'essere. Cristo è presente e guida la sua Chiesa». E' così che, secondo Papa Francesco, la Chiesa va raccontata. Lo dice ai giornalisti: «Tutti noi siamo chiamati non a comunicare noi stessi, ma la triade formata da verità, bontà e bellezza».
La platea applaude, lo saluta, lo acclama. Il Papa sorride, intuisce di avere colpito i più, senza neppure arrivare alla parte conclusiva del suo breve discorso di saluto. La scelta del nome, Francesco. «Durante l'elezione», racconta, «avevo accanto a me l'arcivescovo emerito di San Paolo, il cardinale Claudio Hummes, un grande amico. Quando la cosa è cominciata a diventare pericolosa (dice proprio così, ndr), lui mi ha confortato. Quando i voti sono saliti a due terzi, c'è stato l'applauso consueto. Lui mi ha abbracciato, mi ha baciato e mi ha detto: non dimenticare i poveri».
Il pensiero di Jorge Mario Bergoglio, così, è andato «subito a Francesco d'Assisi»: «ho pensato alle guerre» che flagellano il mondo «mentre lo scrutinio proseguiva. Così è venuto il nome nel mio cuore». Ed eccola «la Chiesa povera per i poveri» che chiede il Pontefice. «Francesco 'Assisi era un uomo della povertà, della pace, un uomo che amava e custodiva il creato, che ci trasmette questo spirito di pace», ricorda il Papa. Qualcuno - racconta - gli ha detto: 'dovresti chiamarti Clemente, per andare contro Clemente XIV che decise di sopprimere e dissolvere l'Ordine dei Gesuiti'. Ha sorriso Bergoglio. Un Pontefice che va 'contro'...non sarebbe potuto essere lui.