Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa della globalizzazione
A sponsorizzarlo in blocco, questa volta, sarebbero stati i cardinali statunitensi. I tempi non erano maturi per un Pontefice a stelle e strisce, gli Stati Uniti sono ancora una super-potenza. Ma lo spirito della storia si è allontanato dal Vecchio continente
CITTÀ DEL VATICANO - Raccontano che al primo Conclave del 1978 i cardinali tedeschi ed austriaci puntarono tutto su un semi-sconosciuto cardinale polacco, tale Karol Wojtyla. L'elezione di un Pontefice che veniva da un paese guidato da un regime comunista, allora, e, in passato, invaso dai nazisti - era il ragionamento - sarebbe stato un segno dei tempi. Un gesto profetico capace di riunificare un'Europa divisa dalla cortina di ferro, nel futuro, e rimarginare la ferita del passato rappresentata dalla seconda guerra mondiale. Quel piano andò a vuoto. I signori cardinali elessero un Papa italiano gentile, terza scelta tra i due giganti di quel Conclave, Giuseppe Siri e Giovanni Benelli. Albino Luciani, però, governò solo 33 giorni, poi morì. Tornati in fretta e furia a Roma, i cardinali germanici, questa volta, affondarono il colpo. E Giovanni Paolo II cambiò la storia. Giunto alla fine del suo Pontificato, quasi trent'anni dopo, fece intendere - così almeno ritengono diversi osservatori - che il Papato poteva trasferirsi in quella Germania nella quale era maturata la sua candidatura. E il Conclave del 2005 elesse il suo erede naturale, il tedesco Joseph Ratzinger. Pochi giorni fa, con l'elezione di Jorge Mario Bergoglio, la storia ha imboccato un altro tornante. E' il primo Papa gesuita della storia, il primo Papa Francesco, e, soprattutto, il primo Papa latino-americano.
A sponsorizzarlo in blocco, questa volta, sarebbero stati i cardinali statunitensi. I tempi non erano maturi per un Pontefice a stelle e strisce, gli Stati Uniti sono ancora una super-potenza. Ma lo spirito della storia si è allontanato dal Vecchio continente. Non è forse un caso che Barack Obama, a Conclave aperto, abbia detto, in un'intervista: «Mi sembra che un Papa americano potrebbe governare con la stessa efficaci di un Papa polacco o italiano o del Guatemala». Dopo la fumata bianca, il primo presidente Usa afroamericano ha commentato tempestivamente - ed entusiasticamente - l'elezione del primo Papa latino-americano, vicino al popolo e ai poveri. Non che ci sia grande armonia tra Obama e l'episcopato Usa guidato dall'esuberante Timothy Michael Dolan di New York, anzi. La riforma sanitaria, l'aborto, i matrimoni gay sono altrettanti motivi di attrito tra Chiesa cattolica e Casa bianca. Ma, di fronte alla grande storia, c'è forse stata convergenza di visuale. E dopo i Papi mittel-europei sbocciati dalle macerie della seconda guerra mondiale, è arrivato il primo Papa della globalizzazione.
I sudamericani ai vertici della Chiesa Cattolica - Faceva un certo effetto vedere, mercoledì sera affacciati dal Loggione di San Pietro, Jorge Mario Bergoglio accanto all'ex arcivescovo di San Paolo del Brasile Claudio Hummes. I sudamericani passati dalla «riserva indiana» ai vertici della Chiesa cattolica mondiale. Gli anni wojtyliani non sono stati facili per l'America latina. Il Papa polacco era focalizzato sul blocco comunista e - col Vangelo, con la diplomazia, anche con i finanziamenti - sostenne la Chiesa oltrecortina e ne fece la punta del piccone che ha abbattuto il muro di Berlino. Il mondo era diviso in due blocchi, e anche Giovanni Paolo II lo divideva in comunisti e anti-comunisti. Diffidava del Pcus come del Pci come del marxismo che colorava un filone della teologia della liberazione.
«Un Vescovo a Roma» - Fece sanzionare diversi teologi liberazionisti, bocciò ogni deriva cattolica nella lotta armata, i suoi nunzi apostolici spesso scesero a patti con le dittature. E lui, come il suo successore Benedetto XVI, nominò pochi cardinali latino-americani. E' paradossale, ma il continente più cattolico del mondo, il Sud America appunto (ci sono il 42% di fedeli), esprime solo 19 cardinali su 117. L'Europa, dove oggi vive il 25% di tutti i cattolici, ha 62 cardinali. I numeri, però, non sono tutto. O, meglio, alcuni numeri si sfaldano, altri si sommano. In Conclave i voti sud-americani - a partire da Hummes e dall'hondureno Oscar Rodriguez Maradiaga, il salesiano che suona il sax - si sono sommati alla «massa critica» statunitense. Divise per mille motivi, le tre americhe - sud, centro e nord - si sono unite e hanno impresso una svolta al Conclave. Hanno fatto da traino. Tedeschi, francesi e qualche italiano, questa volta, hanno seguito l'onda e il Papato è sbarcato in quella che secoli fa era terra di missione. «Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo... ma siamo qui...», ha detto Papa Francesco dopo la fumata bianca. Lo ha detto prima della benedizione «urbi et orbi», alla città e al mondo. Il grande mondo, ben più grande dell'antica Europa.
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