Francesco punta a un Pontificato di onestà
In Cappella Sistina, appena eletto, non sale sul trono. Al momento del giuramento d'obbedienza dei cardinali al Papa, è lui ad andare verso il cardinale Ivan Dias, impacciato nei movimento dalla malattia. Si affaccia dal loggione di San Pietro senza mozzetta e con la sua croce semplice da vescovo, accanto ad un cerimoniere pontificio dal volto un po' perplesso
CITTÀ DEL VATICANO - In Cappella Sistina, appena eletto, non sale sul trono. Al momento del giuramento d'obbedienza dei cardinali al Papa, è lui ad andare verso il cardinale Ivan Dias, impacciato nei movimento dalla malattia. Si affaccia dal loggione di San Pietro senza mozzetta e con la sua croce semplice da vescovo, accanto ad un cerimoniere pontificio dal volto un po' perplesso. Si rivolge ai fedeli in piazza San Pietro dopo la fumata bianca iniziando con «Buonasera...», poi chiede la loro preghiera. Prende il pulmino con gli altri cardinali anche dopo l'elezione al soglio di Pietro. Quando brindano, scherza con i suoi elettori: «Dio vi perdoni per quello che avete fatto». Lascia la berlina d'ordinanza, targata 'Scv1', Stato della Città del Vaticano 1, anche quando la mattina presto - primo appuntamento pubblico del Pontificato - va a pregare la Madonna nella basilica di santa Maria maggiore.
Ai penitenzieri domenicani raccomanda misericordia (un concetto presente anche nel suo motto episcopale), saluta con la mano gli studenti del vicino liceo che si sbracciano dalle finestre. Tornando verso il Vaticano, fa deviare l'auto verso la Casa internazionale del clero dove ha pernottato prima del Conclave. Scende, va a prendere le valigie, ringrazia il personale. E, nella sorpresa generale, salda il conto della stanza.
In serata, di nuovo in cappella Sistina per la messa con i cardinali, pronuncia l'omelia a braccio, con un italiano calmo e venato di accento ispanico. Dopo l'era Ratzinger, l'altare è tornato quello al centro della cappella, non in fondo alla cappella col celebrante 'spalle al popolo'. Gli inginocchiatoi per la comunione rimangono. Prima di andare a vivere nell'appartamento pontificio, aspetterà la ristrutturazione. Ma sarà solo qualche ritocco. Del resto a Buenos Aires abitava in una casa normale, prendeva la metro, e, sbarcato a Roma, arrivava alle congregazioni generali dei cardinali a piedi, uno dei pochi senza papalina rossa, schivando senza essere notato i crocchi di giornalisti a caccia di papabili. E' nello stile, prima ancora che nelle parole, che Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, parla 'urbi et orbi', imposta il suo pontificato, getta le basi del suo governo della Chiesa cattolica mondiale.
«La nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo la cosa non va», afferma nell'omelia serale. Parte dalle Sacre Scritture odierne, mette a fuoco il concetto di movimento: «Camminare, edificare, confessare. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irrepresenibilità che Dio chiedeva ad Abramo nella sua promessa». E poi, ancora: «Io vorrei che tutti noi dopo questi giorni di grazia abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la croce del Signore, di edificare la Chiesa sul sangue del Signore versato sulla croce e di confessare l'unica gloria, Cristo crocifisso, e così la Chiesa andrà avanti».
Vuole far camminare la Chiesa, Papa Francesco, dopo la sua elezione a sorpresa, o quasi. Il suo nome veniva citato dagli osservatori più acuti di cose vaticane, ma rimaneva nell'ombra, 'black horse' capace di rimontare il favorito Angelo Scola, i cui fan dicevano che entrava in Conclave con un pacchetto di 50 voti, nonché il brasiliano Pedro Odilo Scherer, che godeva dell'appoggio del cardinale decano Angelo Sodano. Ma già al primo scrutinio il gesuita argentino avrebbe avuto oltre trenta cardinali pronti a votarlo: statunitensi innanzitutto, poi diversi cardinali del suo stesso continente (il brasiliano Hummes, l'honduregno Maradiaga, il cileno Errazuriz), e non pochi italiani (il vicario di Roma Vallini, che già nelle prime 48 ore di Pontificato ha preso peso, Sepe di Napoli, a cui, poi, si sono aggiunti alcuni 'bertoniani'). L'ascesa però non è stata scontata, come ha mostrato lo stesso fatto che ci siano voluti cinque scrutini, uno in più rispetto al Conclave del 2005 che elesse Ratzinger, per raggiungere 77 preferenze. Quota sfondata ampiamente all'ultimo scrutinio, quando ormai era divenuto chiaro che il principale contendente di Joseph Ratzinger nel 2005, otto anni dopo, stava per diventare il 265esimo successore di Pietro.
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