16 aprile 2024
Aggiornato 22:30
Decreto oggi in Consiglio dei Ministri

Liste pulite, il Viminale vara il testo

Il testo definitivo del provvedimento è stato inviato dal Viminale agli uffici governativi e quindi, come annunciato dal ministro Severino, dovrebbe essere varato sotto forma di schema, sul quale le commissioni parlamentari competenti dovranno esprimere il previsto parere non vincolante al massimo entro sessanta giorni

ROMA - Anche se non è previsto formalmente nell'ordine del giorno, arriva questa mattina in Consiglio dei ministri il decreto legislativo di attuazione della delega sulla incandidabilità dei condannati, contenuta nella nuova legge anticorruzione. Il testo definitivo del provvedimento è stato inviato dal Viminale agli uffici governativi e quindi, come annunciato dal ministro Severino, dovrebbe essere varato sotto forma di schema, sul quale le commissioni parlamentari competenti dovranno esprimere il previsto parere non vincolante al massimo entro sessanta giorni. Poi tornerà al Governo che dovrà decidere se modificarlo accogliendo gli eventuali suggerimenti del Parlamento o promulgarlo così com'è.

Il decreto delegato dovrà disciplinare la durata e i limiti dell'ineleggibilità per qualsiasi carica politica elettiva, dai consigli circoscrizionali al Parlamento europeo, dei cittadini colpiti da condanne purché passate in giudicato. Per gli stessi cittadini dovrà regolare il divieto di accesso alle cariche nei Cda delle Asl, nei consorzi, nelle aziende speciali, nelle comunità montane e nelle unioni di Comuni. La legge entrata in vigore mercoledì già esclude i condannati a pene superiori ai due anni per reati gravi come mafia, terrorismo, tratta di esseri umani, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e per quei delitti contro la pubblica amministrazione, dalla corruzione in giù, «per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni». Prevede inoltre che l'incandidabilità venga fatta valere anche per le condanne determinate da un patteggiamento.

Al decreto delegato che il Consiglio dei ministri esaminerà oggi la legge affida il coordinamento con le norme sull'interdizione dai pubblici uffici, l'applicazione della norma anche agli incarichi di Governo: una condanna definitiva nei limiti che saranno indicati dal decreto dovrebbe quindi portare a dimissioni di ministri o assessori. Infine, la delega legislativa affida al Governo il compito di individuare «ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale». Salvo modifiche dell'ultima ora a palazzo Chigi, la scelta è caduta da tempo sull'articolo 280, comma 2 del Codice di procedura penale, che indica le condizioni di applicabilità della custodia cautelare in carcere, che «può essere disposta - recita la norma - solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni».

Saranno incandidabili, quindi, anche i condannati in via definitiva per tutti i reati che rientrano in questa tipologia, con l'esclusione dei reati colposi (come l'omicidio per incidente stradale). E' questo il criterio «oggettivo» ed «astratto» richiesto a suo tempo dalla guardasigilli Paola Severino per sottrarre il Governo dalle inevitabili polemiche sui privilegi concessi a questo o quel condannato eccellente.