19 aprile 2024
Aggiornato 07:30
In barba al «Lodo-Fini»

Authority, le Camere eleggono nomi scelti dai partiti. Scoppia la polemica

Decina per il Pd, Martusciello e Preto per il Pdl, Posteraro per il Terzo polo all'Agcom. La leghista Bianchi Clerici, il democratico Soro, Augusta Iannini (moglie del giornalista Bruno Vespa), indicata dal Pdl, e Licia Califano indicata dal Pd alla Privacy. Di Pietro: Curricula come carta igienica

ROMA - Maurizio Decina per il Pd, Antonio Martusciello e Antonio Preto per il Pdl, Antonio Posteraro per il Terzo polo all'Agcom. La leghista Giovanna Bianchi Clerici, il democratico Antonello Soro, Augusta Iannini (capo dell'ufficio legislativo del ministero della Giustizia e moglie del giornalista Bruno Vespa), indicata dal Pdl, e Licia Califano indicata dal Pd alla Privacy. Giuseppe Lauricella al Consiglio superiore della giustizia amministrativa. Hanno tutti una casacca politica i componenti delle Authority eletti oggi da Camera e Senato, nomi usciti dalla trattativa condotta nei giorni scorsi nella maggioranza in barba al 'lodo-Fini', cioè alla decisione del presidente della Camera, messa in atto anche al Senato, di mettere a disposizione dei parlamentari sul loro portale i curricula dei candidati. Un tentativo timido per la verità visto che i documenti arrivati sulle scrivanie della seconda e della terza carica dello Stato sono stati pubblicati soltanto a partire da lunedì scorso alle 13 e la scadenza delle candidature era stata fissata per ieri alle 15. Poche ore prima della votazione di questa mattina, insomma.

Idv e Radicali non partecipano alla votazione e Antonio Di Pietro si scatena: «La modalità con cui sono stati individuati i componenti dell'Agcom è assurda. Un metodo da presa in giro». Si è data a tutti la possibilità di presentare dei curriculum, «solo che questi curriculum - ha detto l'ex pm - sono stati utilizzati come carta da cesso: non gliene è fregato niente e nessuno li ha letti». Attacca anche Beppe Grillo dal suo blog chiedendo addirittura l'abolizione dell'Autorità Garante per le comunicazioni, «uno spreco - osserva - di soldi pubblici, una copertura per il controllo dei media da parte dei partiti. Una presa per i fondelli. Monti la tagli. Nella migliore tradizione inciucista Pdl e Pdmenoelle con la mosca cocchiera dell'Udc, decidono di spartirsi le poltrone del nuovo consiglio dell'Agcom. Fin qui nella norma della Seconda Repubblica. Il tutto si complica con l'annuncio della auto candidatura a presidente di Stefano Quintarelli, un informatico molto noto e stimato nel settore. Scatta da parte dei partiti la ricerca di persone fidate di chiara fama da contrapporre a Quintarelli come consiglieri per salvarsi la faccia». La candidatura di Quintarelli era stata presentata anche dai deputati di Api e Fli ma il partito di Fini ha partecipato poi con Benedetto Della Vedova al vertice sulle nomine tra Bersani e Casini dell'altro ieri e Quintarelli oggi ha ottenuto alla Camera soltanto 15 voti.

Parisi: Attacco alle Istituzioni - Nel Pd alzano la voce Ignazio Marino, gli ecodem Roberto Della Seta e Francesco Ferrante e Arturo Parisi che non partecipa alla votazione e parla di «un attacco alle istituzioni» che arriva «dal cuore delle istituzioni». Poi aggiunge: «Pensavamo di essere riusciti a conquistare il diritto di scegliere come parlamentari a ragion veduta e in modo trasparente chi ritenevamo il più autonomo e competente. Abbiamo invece eletto dei rappresentanti di parte. Esattamente come prima anche se in modo un pò più complicato». Per Parisi «è irresponsabile ripetere ancora una volta i comportamenti di sempre, ora che da tutte le parti della società ci arriva sempre più rabbiosa la richiesta che è arrivato il momento di finirla. La decisione di procedere ancora una volta a scegliere i membri delle Autorità di garanzia e in particolare dell'Agcom secondo il principio e con il metodo della spartizione tra le parti pregiudica per altri 7 anni ogni promessa di cambiamento».

Tace il PDL - Per il leader di Sinistra ecologia e libertà, Nichi Vendola, «è la fine di un romanzo che racconta una storia politica ormai al termine. Quel che è accaduto ieri apre scenari problematici per una eventuale coalizione». Tace il Pdl. Il capogruppo del Carroccio Gianpaolo Dozzo, interpellato da Radio 24 sull'elezione della candidata leghista Bianchi Clerici, nega che il suo partito abbia partecipato ad alcuna spartizione.