28 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Intervista al settimanale l'Espresso

Veltroni: Non basta una manovra, serve un nuovo patto sociale

L'ex Segretario del PD: «Ma non spetta a Monti, bensì alla politica che deve dare risposte. Se non si farà questo, non si staccherà la spina a Monti, si staccherà la spina al Paese»

ROMA - Bisogna scrivere un «nuovo patto per il dinamismo, un patto per le riforme, per la modernizzazione del paese». E a farlo non deve essere il governo presieduto da Mario Monti ma dei partiti, dei sindacati e delle forze sociali. E' il ragionamento che fa l'ex segretario del Pd Walter Veltroni in una intervista all'Espresso.

«Il nuovo modello di cui parlo - sottolinea - richiede che si riveda la scala delle priorità: ci sono bisogni primari collettivi che vanno soddisfatti e bisogni secondari cui bisognerà rinunciare o che andranno rivisti, per estendere l'accesso ai primi in modo universale. È una rivoluzione necessaria: fine di egoismo e individualismo esasperati e scoperta di un nuovo senso di comunità, di relazioni sociali e umane solidali. In Italia per decenni ci siamo retti su un patto che comprendeva le baby pensioni, una certa tolleranza per l'evasione fiscale, perfino la convivenza con la criminalità mafiosa, teorizzata anche da uomini di governo. Quel patto era per l'immobilismo, si è scaricato sul debito pubblico ed è diventato intollerabile. Ora serve un nuovo patto per il dinamismo. Un patto per le riforme, per la modernizzazione giusta del Paese».

Secondo l'esponente del Pd «c'è un eccesso di domanda nei confronti di Monti. Al premier viene chiesto di fare tutto: salvare l'Italia, evitare il tracollo, scrivere in pochi mesi riforme che attendono da decenni. La politica è molto esigente con Monti dopo essere stata pochissimo esigente con se stessa. Ma il compito di questo governo non è fare un Paese nuovo. Questo spetta ai partiti, ai sindacati, alle forze sociali. Se non si farà questo, non si staccherà la spina a Monti, si staccherà la spina al Paese».

«Ho l'impressione - conclude - che la politica non sia consapevole di quanto sta accadendo. Stiamo vivendo una fase storica in cui si è spezzata l'ininterrotta crescita economica e sociale dal dopoguerra a oggi, un terremoto che cambia la percezione del mondo. Non si uscirà da questo tempo come una parentesi. Dobbiamo pensare a un nuovo modello di sviluppo. Non si evita il pericolo degli anni Trenta con una manovra economica, serve un New Deal. O la politica riesce a dare qualche risposta oppure ci penseranno la tecnocrazia o il populismo. Tanto più che la recessione accelererà la pulsione già presente nella società a ridurre la complessità. E se non recupera agli occhi dei cittadini legittimità e capacità di decisione, la politica e, questo è il rischio, persino la democrazia sembreranno un peso e non una opportunità».