29 marzo 2024
Aggiornato 13:30
Vertice Italia-Romania

Il monito di Napolitano da Bucarest: L'«anti-crisi» è l'unità nazionale

Il Presidente della Repubblica: «Non nascondiamolo: fase dura, sottovalutato il debito ma no a psicosi»

BUCAREST - «Inutile nascondere che stiamo affrontando prove complesse». Giorgio Napolitano parla chiaro agli imprenditori italiani che operano in Romania incontrati stamattina a Bucarest, nell'ambito della sua visita di stato nel paese. Uditorio folto e rappresentativo di ben 30mila aziende con 600mila dipendenti, per la maggior parte concentrate a Timisoara che, a dispetto della sua collocazione a ovest della Romania, è soprannominata «nord-est» del paese per la presenza massiccia di imprenditori provenienti dal nord-est italiano attratti da manodopera a basso costo e condizioni economiche più convenienti. La crisi economica colpisce la nostra economia e certo, per spiegarcela, non ce la possiamo cavare dicendo che «nei mercati ci sono gli speculatori», dice loro Napolitano.

C'è qualcosa di più per il presidente della Repubblica alla base delle secche economiche che bloccano la crescita del nostro paese. C'è un debito pubblico che «abbiamo gestito bene» ma che è stato sottovalutato e nel frattempo è diventato un «macigno» sulla strada della nostra partecipazione allo sviluppo europeo.

Ora urge correre ai ripari, «siamo un grande paese», ce la possiamo fare, incoraggia il presidente. Soprattutto no alle «psicosi», non lasciamoci prendere dagli «abbagli». Nella sua due giorni a Bucarest Napolitano evita riferimenti espliciti al dibattito in corso in Italia, funestato da nuove polemiche su Berlusconi e i giudici, le intercettazioni, le inchieste di Napoli e Bari sul giro di escort a Palazzo Grazioli. Non ne ha bisogno il capo dello Stato per spiegare che per uscire dalla crisi è necessario cambiare atteggiamento, rivedere certi «comportamenti», trovarne di «adeguati e validi per affrontare le sfide di domani». Perchè «non siamo negli anni 80 o 70, il mondo è radicalmente cambiato».

Quasi un mantra il monito del presidente della Repubblica. Lo ripete fino a quando non penserà di essere stato ascoltato. Come pure sono continui i riferimenti, questi sì espliciti, al 150esimo dell'unità d'Italia. E oggi l'appello non suona casuale. Sta lì, nelle celebrazioni di quest'anno particolare, la chiave per trovare la forza per uscire dalla crisi. Unità nazionale invece che Padania. Nuovo «cemento nazionale unitario» piuttosto che volontà di frammentazione. E così, per voler tracciare un legame anche solo temporale, poco dopo le frasi di Umberto Bossi sulla necessaria secessione («L'Italia va a picco, serve la Padania«), da Bucarest Napolitano dice esattamente l'opposto: se l'Italia va a picco, si peschi nelle celebrazioni per i 150 anni dell'unità quel «senso di responsabilità» nei «propri comportamenti» e «l'impulso indispensabile affinchè l'Italia possa superare le prove difficili che ha davanti».