25 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Il fratello di Melania: «Accettiamo la decisione dei Giudici»

«Gravi indizi di colpevolezza, Parolisi resti in carcere»

La decisione del Tribunale del Riesame: Anche se «manca la prova diretta», a inchiodarlo in primis le bugie

ROMA - Secondo il tribunale del Riesame dell'Aquila che ha rigettato l'istanza di scarcerazione presentata dai legali di Salvatore Parolisi, condannandolo anche al pagamento delle spese processuali, a carico del caporalmaggiore, accusato di omicidio pluri aggravato della moglie Melania Rea, sussistono «gravi indizi di colpevolezza», che «emergono con chiarezza dagli atti processuali», anche se - scrive il giudice nell'ordinanza - «manchi una prova diretta» , il quadro indiziario indica «necessariamente il Parolisi come autore dell'omicidio della moglie».
E in primo luogo, secondo l'ordinanza di 23 pagine firmata dal giudice Romano Gargarella, a inchiodare Parolisi sono le sue ricostruzioni su ciò che avvenne il 18 aprile, quando Melania scomparve, per poi essere ritrovata due giorni dopo nella pineta di Ripe di Civitella, massacrata con 35 coltellate. Per il giudice infatti le indagini hanno smentito completamente tale ricostruzione, secondo cui il caporalmaggiore, era con la moglie e la figlia a Colle San Marco.
«Dall'esame degli atti del procedimento - si legge nell'ordinanza del Riesame - non può negarsi la sussistenza allo stato di un quadro indiziario di sufficiente gravità ai fini dell'applicazione di una misura cautelare». «Seppure manchi una prova diretta che comprovi la responsabilità dell'indagato - prosegue l'ordinanza - dall'insieme degli elementi emersi nelle indagini preliminari emerga un quadro che, sotto il profilo indiziario sopra specificato, indica necessariamente il Parolisi come autore dell'omicidio della moglie».

Parolisi tra due fuochi, moglie e amante - E' la relazione con la sua amante, la usa ex allieva Ludovica Perrone e la situazione conseguente che si era venuta a creare, il movente «plausibile e ben probabile» che può aver spinto Salvatore Parolisi ad uccidere la moglie Melania Rea. Lo scrive il tribunale del Riesame nell'ordinanza che ha rigettato l'istanza di scarcerazione presentata dai legali del caporalmaggiore, in carcere con l'accusa di omicidio pluriaggravato. Per il giudice del Riesame intatti Parolisi era «stretto tra due fuochi: da una lato, la moglie che aveva saputo in precedenza della relazione del marito con la Perrone, ma lo aveva perdonato ovviamente sul presupposto che fosse finita; dall'altro la Perrone che continuamente premeva affinchè lo stesso lasciasse moglie e figlia e iniziasse una altra vita con lei», e questo «stato di tensione interna doveva essere arrivato al culmine» - si legge nell'ordinanza - proprio in quei giorni a ridosso delle vacanze pasquali. Quando, «da un lato la Perrone lo aspettava affinchè passasse le vacanze di Pasqua con lei, mentre la moglie nulla immaginava di tutto questo e si preparava a passare il periodo pasquale con il marito».
Non solo - sottolinea il Riesame - anche il rapporto con la moglie era fronte di tensioni, lei gli aveva perdonato il tradimento ma restavano pesanti strascichi: nell'ordinanza infatti si cita un'intercettazione, in cui Parolisi si confida con Gennaro Rea dove afferma che la moglie «'ogni giorno mi umiliava...stavi sempre una schifezza....me lo rinfacciava sempre...mi diceva sempre la stessa cosa...vergognati...fai schifo, fai schifo...' Per cui - argomenta il giudice - lo stesso Parolisi descrive una situazione di estremo disagio nel suo rapporto coniugale, e di estrema tensione nel rapporto con la moglie». Anche la prospettiva di lasciare la moglie e la figlia e di dover loro corrispondere un assegno di mantenimento, con uno stipendio da sottufficiale dell'esercito, secondo quanto scrive il giudice del Riesame nell'ordinanza - è «una prospettiva» che potrebbe aver influito «nell'acuire lo stato di tensione interna del Parolisi, stato di tensione che sarebbe deflagrato nell'episodio delittuoso poi dallo stesso posto in essere, trovandosi in una situazione in cui non intravedeva una razionale via di uscita».
Per il Riesame invece l'ipotesi adombrata dal gip di Teramo, secondo cui «vi sono elementi che potrebbero far pensare ad una situazione sottesa alla caserma, che potrebbero avere indotto il Parolisi stesso a sopprimere la moglie per evitare che potesse fare rivelazioni pericolosissime per sé e per altri», ma «allo stato tali elementi non son sono assolutamente tali da poter far ritenere che in concreto l'ipotesi sia oggi sostenibile».

Bocciate le tesi della difesa sul Dna - Le tracce di Dna femminile ritrovate sotto le unghie del cadavere di Melania Rea non avrebbero «particolare rilevanza». È quanto scrive il collegio giudicante del Riesame dell'Aquila nell'ordinanza che questa mattina ha confermato il carcere per Salvatore Parolisi. La presenza di questo Dna femminile, sostiene il Riesame, «potrebbe dipendere da molteplici fattori, quali il contatto occasionale con persone ed oggetti toccati da terzi».
La presenza di tracce di Dna misto sotto le unghie di Melania è stato uno dei punti cardine della memoria difensiva presentata ieri al Tribunale della libertà dell'Aquila dai legali del caporalmaggiore.
Secondo invece i giudici del Riesame il Dna di Parolisi rinvenuto sulle labbra e sui denti di Melania sarebbe un elemento forte che incolperebbe il militare. Il collegio giudicante sostiene che la presenza di quel materiale genetico «deve essere fatto necessariamente risalire a pochissimo prima della morte», accogliendo così le tesi dei magistrati di Ascoli Piceno e di Teramo. Questo Dna, ribadisce il Riesame, potrebbe essere stato depositato anche nel momento in cui l'assassino metteva la mano sulla bocca di Melania nel tentativo di sgozzarla. Secondo il genetista del collegio difensivo di Parolisi, Emiliano Giardina, aveva invece sostenuto che quelle tracce di Dna sulla bocca non potessero affermare nulla di certo riguardo i tempi dell'omicidio.

Melania Rea il 18 aprile non si sarebbe mai recata a Colle San Marco. I giudici, analizzando i risultati dell'accusa, affermano che i rilievi tecnici «inducono a fare escludere la presenza della donna a Colle San Marco», luogo dove il caporalmaggiore dell'Esercito afferma essere stato in compagnia della figlioletta e della moglie, quest'ultima poi scomparsa. A sostegno di questa tesi, il Tribunale della libertà scrive che «risulta accertato che tutte le altre telefonate di utenti Tim presenti a Colle San Marco nell'occasione, in data 18 aprile 2011, risultavano passare per altra cella», e non per quella che tra le 15.53 e le 15.56 agganciò il cellulare di Melania.
La difesa del militare, con una relazione dell'esperto di telecomunicazioni Roberto Cusani, aveva sostenuto che i dati raccolti dagli investigatori non potevano affermare con certezza la presenza del cellulare della donna e di Salvatore Parolisi a Colle San Marco piuttosto che a Ripe di Civitella oppure in un luogo intermedio. In base ai risultati, affermano i giudici, «appare da escludersi, o quantomeno altamente improbabile, che la Rea in quegli orari si fosse trovata in località Colle San Marco», come invece affermato da Salvatore Parolisi.

Il fratello di Melania: «Accettiamo la decisione dei Giudici» - «Accettiamo quanto deciso dai giudici». Questo il commento di Michele Rea, il fratello di Melania, all'ordinanza del Tribunale del Riesame dell'Aquila che questa mattina ha confermato il carcere per Salvatore Parolisi.
«Aspettiamo la fine delle indagini, abbiamo fiducia negli inquirenti - ha proseguito il fratello della donna assassinata - non è facile per nessuno avere il marito della propria sorella in carcere per l'omicidio di sua moglie».
Michele Rea oggi è a Teramo, insieme al padre Gennaro e agli zii Gennaro Rea e Salvatore Rea, familiari della 29enne di Somma Vesuviana. I due zii e il padre Gennaro Rea sono già stati sentiti da Davide Rosati, uno dei due pm che hanno in mano l'inchiesta sulla morte della donna. Particolarmente a lungo è stato ascoltato dal pm lo zio di Melania, protagonista settimane addietro di una telefonata con Salvatore Parolisi intercettata dagli investigatori, nella quale il militare si lamentava di essere stato umiliato da Melania a seguito della scoperta da parte della donna della relazione extraconiugale con la soldatessa Ludovica.
Parlando della figlia di Melania, Michele Rea ha detto che la piccola Maria Vittoria ogni volta che vede la madre in foto o in tv cerca di baciarla.