23 aprile 2024
Aggiornato 09:00
Missioni all'esterno

Napolitano «stoppa» la Lega. Carroccio furioso: Ci fa la guerra

Passa la linea padana nel Governo: «E ora non facciamoci commissariare»

ROMA - Sembrava fatta, per la Lega: rientro di oltre duemila soldati, risparmi per 140 milioni di euro dalle missioni militari, intervento in Libia finanziato solo fino al 30 settembre. Ma nel tardo pomeriggio arriva la doccia gelata da Giorgio Napolitano: la riduzione dei contingenti è «solo un'ipotesi», da «concordare con l'Onu e gli organismi internazionali» perchè «solo così possono essere effettive». Nel giorno in cui il Carroccio aveva strappato un'altra concessione al premier Silvio Berlusconi, è dunque il Quirinale a porre dei paletti rigidissimi ai desiderata padani.

Nessuna reazione ufficiale all'intervento del capo dello Stato, con Roberto Maroni che si trincera dietro un «no comment». Ma nelle conversazioni off the record, i dirigenti leghisti sbottano: «Così è Napolitano che ci dichiara guerra». E ancora: «Non può essere il presidente della Repubblica a fare la politica del governo». Del resto, il pensiero del Carroccio sull'argomento l'aveva esplicitato in conferenza stampa il ministro Roberto Calderoli: «Il Consiglio Supremo di Difesa è un organo di indirizzo, quello deliberativo è il governo e poi il Parlamento». Un ragionamento ancor più valido dopo quella che a via Bellerio viene considerata nè più nè meno che «un'ingerenza» da parte di Napolitano. Ed espresso anche a Berlusconi, invitato a «non farsi commissariare dal Colle». Un clima in cui ritornano i vecchi malumori sul ruolo di Napolitano nell'intervento in Libia, come ad esempio «l'aver ricevuto al Quirinale i rappresentanti dei ribelli libici».

Eppure la giornata sembrava iniziata bene, per la Lega. Il pre vertice invocato da Calderoli si era risolto con soddisfazione del Carroccio, tanto che il ministro leghista si presenta in sala stampa con Ignazio La Russa. Con il ministro della Difesa, è una delle versioni che circolano, la questione era già stata risolta con una telefonata, e le tensioni si sono registrate solo, per l'appunto, sul rapporto con il Quirinale.

In ogni caso, l'esito era di soddisfazione praticamente piena della Lega, che - al lordo delle parole di Napolitano - aveva incassato un'altra vittoria, un altro pezzo di «mobilia da portare via» - per usare una metafora di Umberto Bossi - prima che salti il governo. Perchè, guardando lo stato della situazione nella maggioranza, i leghisti si facevano comunque poche illusioni: «Così non si può più andare avanti», erano i commenti sullo scontro feroce in atto tra Berlusconi e Tremonti, sui rimpalli di responsabilità sulla norma salva Fininvest, sui commenti sprezzanti del titolare dell'Economia nei confronti del collega Brunetta, sulle inchieste giudiziarie che ora tirano in ballo anche Marco Milanese. Ma con un paradosso: «Se Berlusconi continua a darcele tutte vinte, diventa difficile perfino trovare il casus belli...».